Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 27 gennaio 2014

Croci e delizie dei viaggi in treno

Il sito Affaritaliani.it venerdì scorso ha pubblicato una gustosa ricerca sui viaggiatori in treno, ed essendo io - come tutti i lettori del blog - un amante dei viaggi in treno, non ho potuto esimermi dal leggerla molto attentamente. Lo studio, elaborato da Coesis ed eseguito su di un campione rappresentativo degli italiani, ha acceso un faro sulle abitudini, sulle manie e sui vizi dei viaggiatori su rotaia, e dai risultati sono emersi alcuni dati davvero significativi. Tanto per cominciare circa la metà degli intervistati ha dichiarato di viaggiare in treno per necessità o abitudine; mentre di questi, il 10 per cento lo fa tutte le settimane. Il 49 per cento del campione afferma di utilizzare il treno come mezzo di trasporto (c’è da chiedersi, a questo punto, che altro tipo di utilizzo ne faccia il restante 51 per cento degli intervistati: forse qualcuno ci dorme su, essendo stato sfrattato; o forse ne utilizzano le ritirate, dato che le toilette delle stazioni sono diventate a pagamento…); il 39 per cento lo fa saltuariamente, il 10 per cento lo prende almeno una volta a settimana e tra questi il 5 per cento almeno cinque volte in una settimana. Ci sono poi coloro che si dichiarano amanti del viaggio sui binari senza se e senza ma, e considerano estremamente rilassante lasciarsi cullare dal leggero rollio dei convogli in corsa e dalle delicate e ripetute sonorità di sottofondo (14 per cento); solo l’8 per cento lo utilizza per andare in vacanza; mentre il 7 per cento se ne serve per motivi di lavoro.
Si, ma cosa fanno durante il viaggio coloro che utilizzano il treno? Ben i due terzi s’immergono nella lettura di un libro (che dato confortante…! certo poi dipende dal libro, ovviamente); ci sono poi quelli che ascoltano musica (32 per cento); quelli che giocano con lo smart-phone (12 per cento); quelli che parlano a telefono (9 per cento); pochissimi (3 per cento) cercano di lavorare; mentre un buon 4 per cento “si fa sistematicamente i fatti degli altri”. Ci sono per finire quelli che si godono il panorama laterale (29 per cento); e quelli che invece ne approfittano per dormire e riposarsi (17 per cento).
Ma al di là di questo, c’è un dato che emerge prepotentemente, a dare la misura del fastidio che siamo soliti provare quando dobbiamo relazionarci con il prossimo: 8 italiani su 10 dichiarano di avere avuto un vicino molesto; e il 23 per cento afferma di incontrarli sempre. E tra questi molestatori, quali sono i più nefasti e ricorrenti? Il 70 per cento degli intervistati ha dichiarato di non sopportare i chiacchieroni e coloro che parlano a telefono a voce alta. A ruota arrivano i russatori e i raffreddati (24 per cento); gli irrequieti (20 per cento) - ovvero quei rompicoglioni che non stanno mai fermi, che si alzano ogni tre minuti, che chiedono di passare continuamente: ma che si buttino giù dal finestrino e la facciano finita una buona volta… - ; quelli che, prima di uscire di casa, si fanno il bagno nelle più fetide delle acque di colonia del continente (8 per cento); i pestatori di piedi sistematici (7 per cento); e chi non saluta (4 per cento). Eppure, nonostante tutte queste spaventevoli torture, afferma lo studio, l’italiano medio che viaggia sui treni è un individuo tollerante (il 42 per cento non reagisce in nessun modo); al massimo, se proprio gli si frantumano le palle, lancia un’occhiataccia o qualche pacato rimprovero (26 per cento); quando poi proprio non ne può più, si alza e va a cercare un altro posto (30 per cento). Manca un 2 per cento al totale: speriamo che si tratti di quelli non tolleranti: “Colpirne uno per educarne cento”, si diceva una volta.

Ma ecco come ho raccontato le mie sfortunatissime esperienze con i treni e con i compagni di viaggio ne Il migliore dei mondi possibili?

Quando una ventina d’anni fa mi trasferii nella bassa padana, cominciò per me questa meravigliosa esperienza chiamata pendolarismo. Che è tutt’altra cosa rispetto al pendolismo, anche se il primo è spesso causa scatenante del secondo. D’altra parte si sa, lo stress e i sacrifici che comportano questa vita nomade, non aiutano affatto la sfera “affettiva”. A meno che, ipotesi assai remota purtroppo, non avvenga qualche incontro intrigante a bordo. E a quel punto sonno apocalittico o meno, caldo sahariano o freddo siberiano – nelle carrozze eternamente inadeguate al momento meteorologico – , poco conta: il risveglio dei sensi è assicurato. In fondo non c’è niente di più erotico di un incontro casuale d’amorosi sensi su di un treno lanciato nel nulla di un’alba appena accennata. Non per niente treni e stazioni da sempre esercitano un attrazione irresistibile per i picchiatelli. Ed infondo, chi più chi meno, tutti siamo un po’ picchiatelli. Il più delle volte invece, avviene che si salga sulla carrozza che da fuori sembra meno affollata e, tempo trenta secondi netti, ci si accorge di essere accerchiati da una valanga di pettegole ridanciane e vocianti. Anzi, gracchianti. Costoro si conoscono da anni, forse decenni, e ogni mattina – per cinque giorni a settimana – si ritrovano sullo stesso convoglio, sul medesimo vagone, identico scompartimento. E se puta caso un povero sprovveduto inavvertitamente si siede tra costoro, immediatamente gli viene fatto notare che quello è il posto della Piera, e che dunque gentilmente è pregato di andare a posare le sue stanche terga altrove. E così lo sventurato si scusa, si alza e si sistema due file più dietro. Poi tira su il cappuccio della felpa, e cerca di riposare per quell’oretta di interludio, prima che cominci l’inferno quotidiano. Ma il nostro non ha fatto i conti con il gineceo viaggiante. Gli ci vuole davvero un attimo per capire in quale drammatica situazione si è cacciato. Nel vagone cigolante si diffondono subito voci vibranti, risate argentine, urlettini, sbruffi, lamentele, versi gutturali, tutto un portentoso sonoro di sottofondo (anzi, di soprafondo) che non lascia scampo. Il disgraziato cerca di tapparsi le orecchie, finge di non sentire, si gira su un fianco sperando di ricevere attutite quelle voci, ma non c’è niente da fare: storie d’amore, tradimenti, gelosie sul posto di lavoro, invidie, rancore verso la suocera e non solo, entusiasmo ripugnante per le prodezze dei nipotini, pettegolezzi. In questi tragici momenti mattutini le donne sono davvero capaci di raggiungere delle vette strabilianti di insulsaggine. E così il nostro eroe incrocia lo sguardo con un altro disperato come lui, ed entrambi – già sconvolti e sgomenti per l’alzataccia – non riescono a fare altro che sbruffarsi in faccia reciprocamente, in un ultimo angosciante afflato di fraternità. A quel punto la situazione è già spaventosamente intollerabile. E così il nostro si sporge per vedere in faccia le disturbatrici e davanti ai suoi occhi si palesa una scena surreale: le concionanti viaggiatrici hanno tra le mani chi una trousse, chi un ombretto, chi un rossetto, e conversando amabilmente - soprattutto di quei rompicoglioni dei mariti - sono tutte intente a truccarsi, a curarsi, ad abbellirsi, a spazzolarsi i capelli. E chiacchierano, chiacchierano ad alta voce, come se fossero dalla parrucchiera o dall’estetista. Discorsi spesso dissociati gli uni dagli altri, in genere mai più di venti parole, puntualmente interrotti da voci che si sovrappongono, si parlano sopra con tono e volume crescente, s’intromettono con frasi che spezzano la continuità del ragionamento e, che in ultima analisi, suonano come parole vane e solipsistiche, pronunciate solo per se stesse. Di fronte a tale spettacolo, al nostro disperato pendolare, non resta che rassegnarsi: la sua lunga, tragica esperienza di viaggiatore forzato gli dice che se anche dovesse cercare un altro posto, la situazione non migliorerà. E dunque si risiede sconsolato e, con lo sguardo sperso nella campagna lattiginosa che lentamente emerge dall’ombra della notte, non gli resta che pensare ai giorni che lo separano dalla vacanze estive, allorché finalmente potrà allungarsi sul suo bel lettino da mare, cullato dal vento di libeccio e dal profumo di salsedine. Fatta salva naturalmente la presenza della pettegola da spiaggia. Una delle sciagure più spaventose che esistano in natura.

Fonte: http://www.affaritaliani.it/viaggi/treno210114.html

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