Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 13 gennaio 2014

Ancora sulla letteratura di montagna

Pilone Centrale - Freney
Allora, tanto per continuare sull’argomento letteratura di montagna, ecco un altro paio di libri assolutamente da non perdere - non so se il Corriere della Sera li pubblicherà nelle restanti dieci uscite ancora coperte da ‘segreto’, ma questi sono davvero dei capolavori: No way down, di Graham Bowley (Mondadori); Aria Sottile, di Jon Krakauer (Corbaccio); Freney 1961, di M.A. Ferrari (Corbaccio). Il primo narra della drammatica spedizione sul K2 nell’estate del 2008. In quella circostanza il distacco improvviso di un enorme seracco nei pressi del cosiddetto ‘collo di bottiglia’, poco prima della vetta, tranciò di netto le corde fisse posizionate per facilitare la salita e soprattutto la discesa degli alpinisti. L’evento inaspettato, sebbene prevedibile, ebbe effetti catastrofici sui membri della spedizione. L’autore di No way down è un giornalista e scrittore americano, che con meticolosa cura ha ricostruito tutti gli eventi che hanno condotto a quella tragedia.
Aria sottile invece è stato scritto da un giornalista-alpinista, e narra di una vicenda finita altrettanto male, ovvero la scalata all’Everest del 1996. In questo caso, si tratta di un libro denuncia, cioè di un atto d’accusa contro le spedizioni commerciali e l’alpinismo divenuto hobby per danarosi in cerca di emozioni forti. Quella volta, pur di tener fede alle promesse pubblicitarie divulgate dalle società impegnate in questo genere di attività, un paio di guide professionistiche permisero ai loro clienti di attardarsi sulla via di salita ben oltre il consentito, fin quasi a buoi: il tutto nell’ottica del raggiungimento della vetta. Esito fatale anche in questa circostanza. Krakauer scrive in prima persona perché era lì in quei giorni. Egli infatti lavorava per una rivista che si occupava di outdoor e alta montagna, e gli venne offerta la possibilità di unirsi ad una di queste spedizioni commerciali. Per lui era un sogno che si avverava: la conquista della vetta del Mondo. E per poco non ci rimise le penne.
Freney 1961 invece racconta l’altrettanto tragica esperienza vissuta da Walter Bonatti e i suoi compagni di cordata, alla conquista dell’ultimo ‘grande enigma’ del Monte Bianco: il ‘Pilone Centrale’. Due cordate (una italiana e l’altra francese) si incontrano casualmente nell’ultimo bivacco prima di attaccare la scalata e decidono di unire le loro forze per dare l’assalto all’inviolato monolite di roccia rossa. Procedono con grande rapidità, ma a qualche decina di metri dalla vetta, una tempesta violentissima li sorprende in parete. Da qui comincia una serie di disperati tentativi per portare a casa la pelle. E non tutti ce la faranno, naturalmente.
Come si può notare, si tratta di tre volumi che raccontano di tre sciagure: d’altra parte si sa, per confezionare una storia di successo non si può prescindere da determinati ingredienti: sciagure, tragedie, suspense, colpi di scena, atti d’eroismo. Le storie belle e a lieto fine non fanno audience. Mi resi conto nitidamente di questo meccanismo un paio d’anni fa: di ritorno dal ‘Sentiero delle Orobie Orientali’, percorso con amici, decisi di scrivere un resoconto sulla brutta avventura capitataci durante la salita in cordata lungo un canalone assai impervio. Uno di noi cadde, e solo grazie alla prontezza di riflessi degli altri (muniti di apposite picozze) si evitò la tragedia. Ebbene questo scritto lo inviai alla rivista del Cai: venne pubblicato immediatamente, con tanto di foto. Sono sicurissimo che se avessi scritto di una gitarella senza grossi colpi di scena e soprattutto senza un qualche rischio mortale, nessuno se la sarebbe filata.
Ad ogni modo, la lettura dei tre libri di cui sopra è assolutamente consigliata: scorrono via veloci e in alcuni casi si fa fatica a staccarsene per spegnere l’a-batjour del comodino. Gli autori ci prendono per mano e ci portano lassù, sulle nevi perenni, ci fanno annusare l’aria rarefatta, ci trasmettono fotogrammi che parlano di vette siderali, cime favolose, sguardi che si inoltrano all’orizzonte, là dove s’intuisce la curvatura della Terra. È la magia della scrittura, capace di cambiarci dentro…! E non solo a livello intellettivo. Ma di questo ci occuperemo nella prossima puntata.

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