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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 11 dicembre 2013

... e continuiamo sul tema natalizio

Restando in tema, ecco un bell’articolo scritto da Mirella Serri e comparso oggi sul sito de La Stampa:

Dal Medioevo a Bach, da Bing Crosby a John Lennon i più popolari inni natalizi in un libro da leggere e ascoltare

Che meraviglia! È il il 21 dicembre 1933 e al Radio City Music Hall del Rockfeller Center - dove è stato eretto il primo albero di Natale della storia di New York (solo sei metri, una miseria rispetto ai giorni nostri) - si inaugura uno spettacolo ideato da Vincent Minnelli. Tra soldatini di legno, un balletto di giocattoli, Fred Astaire e Ginger Rogers che volteggiano sul grande schermo alternati a The Night Before Christmas di Walt Disney, c’è pure un presepe vivente. Gli americani che stanno uscendo dal buio della grande Depressione hanno voglia di luci, divertimenti e consumi anche nei giorni che dovrebbero essere tra i più intimi e raccolti.
Non c’è più religione, è il caso di dirlo: ha iniziato la Coca-Cola a utilizzare Santa Claus per la sua pubblicità, eliminando ogni divisione tra sacro e profano, e vanno per la maggiore i canti natalizi che celebrano la festività in modo del tutto anomalo, fuori dei canoni tradizionali della liturgia religiosa: come Winter Wonderland (con pupazzi di neve e guance rosse come mele, a tutt’oggi vanta oltre 200 versioni di successo) o Santa Claus Is Coming to Town (dedicata all’arrivo di Babbo Natale, si è meritata nel tempo le esecuzioni di Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, Bruce Springsteen, Ray Charles, Cristina D’Avena, Justin Bieber, Andrea Bocelli). Un po’ di tempo più tardi, nel 1935, nei giorni a ridosso dell’arrivo del Bambinello, una nuova bomba musicale investe il popolo a stelle e strisce: Jingle Bells, nata a metà dell’Ottocento, viene riproposta in chiave swing da Benny Goodman. Parla di slitte trainate da cavalli e di sonagli, ma diventa l’inno e la bandiera della Natività. Sarà in classifica per decenni, seconda solo a White Christmas. Quest’ultimo componimento, con la voce calda di Bing Crosby, diverrà la canzone dedicata alla santa ricorrenza più venduta al mondo con i suoi 50 milioni di esemplari, intonata da Lady Gaga come da Zucchero, da Laura Pausini come dai Beach Boys e Elton John. A farci scoprire questa incredibile vitalità dei Canti di Natale (Donzelli editore, sottotitolo Da «Jingle Bells» a Lady Gaga, con il QR code per scaricare i brani) è Paolo Prato, esperto di musica e culture giovanili. In una lunga cavalcata che va dall’epoca precristiana ai cori medievali, da Bach, Händel, Mendelssohn, Berlioz, Saint-Saëns a Sting, Paul McCartney, John Lennon, Placido Domingo, Louis Armstrong, Francesco De Gregori, lo studioso racconta le trasformazioni di un immenso repertorio di musiche popolari che, ideate per celebrare il Natale, eseguite nelle chiese, adottate dal clero, vengono continuamente rivisitate, diventano incredibili fenomeni dell’etere, si laicizzano e continuano a essere i simboli dell’avvenimento più importante della cristianità. Il celebre «Tu scendi dalle stelle / o Re del Cielo», che in questi giorni dilaga per strade e piazze eseguito dagli zampognari, era un inno composto da sant’Alfonso Maria de’ Liguori a metà del Settecento, per fare proselitismo religioso. Tramite il pio salmo (versione italiana del napoletano Quanno nascette Ninno) il santo voleva diffondere parole di fede e di probità per «rimediare al gran male che facevano le canzonette laide». I componimenti che sono all’origine della stragrande maggioranza di tanti moderni inni, le carole, provengono dal mondo anglosassone. Erano nate come accompagnamenti musicali per i gruppi di questuanti che andavano di casa in casa e annunciavano l’avvenimento di Betlemme. Non profumavano di incenso e di abiti talari, ma di tacchino arrosto e di birra bollente, che erano i doni con cui venivano ricompensate le allegre brigate inneggianti all’approdo in terra del figlio di Dio. Le carole segnano l’apoteosi del Natale come festa per eccellenza della famiglia e si conquisteranno un’immensa popolarità con la molteplicità dei loro significati. Come portatrici di messaggi di concordia, per esempio: così O santa notte, scritto da Placide Cappeau per la messa di mezzanotte, assai poco apprezzato dai vescovi francesi, divenne il canto-colomba di pace la sera del 24 dicembre 1870, durante il conflitto franco-prussiano: un soldato francese uscì dalla trincea per intonarlo e poi, mentre le armi tacevano, fu la volta di un tedesco. La famosissima Stille Nacht, che esordisce in Austria a dicembre del 1818, otterrà invece una strepitosa affermazione grazie a un pastore episcopale, John Freeman Young, che, con la traduzione in inglese da lui eseguita, ne amplificherà la fama fino a portarla a un totale di 30 milioni di copie vendute. Il segreto di questo tratto assolutamente imperituro dei canti di Natale? Gli inni condividono con la festività che rappresentano, spiega Prato, la straordinaria capacità di rinnovarsi passando da un contesto liturgico alla cultura popolare e poi al consumo di massa. Ascoltare per credere. Bianco Natale trilla sullo smartphone più vicino e da lontano risponde lo squillo di un altro telefonino: Tu scendi dalle stelle.

Fonte: http://www.lastampa.it/2013/12/11/cultura/tu-canti-dalle-stelle-cP3pham0KmOgxstbow15JL/pagina.html

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