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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

venerdì 6 dicembre 2013

Ciao Madiba (Mvezo, 18 luglio 1918 – Johannesburg, 5 dicembre 2013)

Ieri sera, mentre sulle nostre televisioni pubbliche e private, si blaterava stancamente dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale - quella che ha dichiarato illegittima l’attuale legge elettorale che manda in Parlamento i rappresentanti del popolo da ben 8 anni - se n’è andato l’ultimo eroe tragico della nostra epoca. Nelson Mandela è morto in serata, all’età di 95 anni: una lunga vita a ricompensa dei 27 anni trascorsi in una cella di tre metri quadrati. Di fronte a questa Grande Storia che ci sfila accanto e se ne va, tutto ciò che ci scorre sotto gli occhi oggi, ovvero le miserabili vicende di una classe dirigente capace solo di preservare i propri vergognosi privilegi - mentre la nazione sprofonda nella miseria - ci lascia disgustati e senza parole. Onore a Mandiba, un uomo che ha sacrificato tutta la vita per il suo popolo.

Leggo da Wikipedia:

Nelson Rolihlahla Mandela è stato un politico sudafricano, primo presidente a essere eletto dopo la fine dell’apartheid nel suo Paese e premio Nobel per la pace nel 1993 insieme al suo predecessore Frederik Willem de Klerk. Fu a lungo uno dei leader del movimento anti-apartheid ed ebbe un ruolo determinante nella caduta di tale regime, pur passando in carcere gran parte degli anni dell’attivismo anti-segregazionista. Protagonista insieme al presidente Frederik Willem de Klerk dell’abolizione dell’apartheid all’inizio degli anni Novanta, venne eletto presidente nel 1994, nelle prime elezioni multirazziali del Sudafrica, rimanendo in carica fino al 1999. Il suo partito, l’African National Congress, è rimasto da allora ininterrottamente al governo del paese. Mandela è il cognome assunto dal nonno. Il nome “Rolihlahla” (letteralmente “colui che provoca guai”) gli fu attribuito alla nascita; “Nelson” gli fu invece assegnato alle scuole elementari. Il nomignolo “Madiba” è il suo nome all’interno del clan di appartenenza, dell’etnia Xhosa. Nelson Mandela mosse i primissimi passi verso la conquista della libertà degli uomini nel 1941, all’età di ventidue anni, quando insieme al cugino Justice fu messo di fronte all’obbligo di doversi sposare con una ragazza scelta dal capo Thembu Dalindyebo. Questa imposizione di matrimonio combinato era una condizione che né Mandela né il cugino volevano tollerare. La scelta era molto delicata: o si sposava e andava contro il suo massimo principio, cioè la libertà, oppure non si sposava mancando così di rispetto alla sua tribù e alla famiglia. Così decise di scappare insieme al cugino, in direzione della città di Johannesburg. Da giovane studente di legge, Mandela fu coinvolto nell’opposizione al minoritario regime sudafricano, che negava i diritti politici, sociali, civili alla maggioranza nera sudafricana. Unitosi all’African National Congress (ANC) nel 1942, due anni dopo fondò l’associazione giovanile “Youth League”, insieme a Walter Sisulu, Oliver Tambo e altri. Dopo la vittoria elettorale del 1948 da parte del Partito Nazionale, autore di una politica pro-apartheid di segregazione razziale, Mandela si distinse nella campagna di resistenza del 1952 organizzata dall’ANC, ed ebbe un ruolo importante nell’assemblea popolare del 1955, la cui adozione della “Carta della Libertà” stabilì il fondamentale programma della causa anti-apartheid. Durante questo periodo Mandela e il suo compagno avvocato Oliver Tambo fondarono l’ufficio legale “Mandela e Tambo” fornendo assistenza gratuita o a basso costo a molti neri che sarebbero rimasti altrimenti senza rappresentanza legale. Inizialmente coinvolto nella battaglia di massa, fu arrestato insieme ad altre 150 persone il 5 dicembre 1956, e accusato di tradimento. Seguì un aggressivo processo, durato dal 1956 al 1961, al termine del quale tutti gli imputati furono assolti. Mandela e i suoi colleghi appoggiarono la lotta armata dopo l’uccisione di manifestanti disarmati a Sharpeville, nel marzo del 1960, e la successiva interdizione dell’ANC e di altri gruppi anti-apartheid. Nel 1958 aveva sposato in seconde nozze Winnie Madikizela, da cui poi si separò nel 1992. Nel 1961 divenne il comandante dell’ala armata “Umkhonto we Sizwe” dell’ANC (“Lancia della nazione”, o MK), della quale fu co-fondatore. Coordinò la campagna di sabotaggio contro l’esercito e gli obiettivi del governo, ed elaborò piani per una possibile guerriglia per porre fine all’apartheid. Raccolse anche fondi dall’estero per il MK, e dispose addestramenti para-militari, visitando vari governi africani. Nell’agosto 1962 fu arrestato dalla polizia sudafricana, in seguito a informazioni fornite dalla CIA, notizie che però lo stesso Mandela nella sua biografia ritiene non attendibili, e fu imprigionato per 5 anni con l’accusa di viaggi illegali all’estero e incitamento allo sciopero. Durante la sua prigionia, la polizia arrestò importanti capi dell’ANC, l’11 luglio 1963 presso la Liliesleaf Farm, di Rivonia. Mandela fu considerato fra i responsabili, e insieme ad altri fu accusato di sabotaggio e altri crimini equivalenti al tradimento (ma più facili per il governo da dimostrare). Joel Joffe, Arthur Chaskalson e George Bizos fecero parte della squadra di difesa che rappresentò gli accusati. Tutti, a eccezione di Rusty Bernstein, furono ritenuti colpevoli e condannati all’ergastolo, il 12 giugno 1964. L’imputazione includeva il coinvolgimento nell’organizzazione di azione armata, in particolare di sabotaggio (del cui reato Mandela si dichiarò colpevole) e la cospirazione per aver cercato di aiutare gli altri Paesi a invadere il Sudafrica (reato del quale Mandela si dichiarò invece non colpevole). Per tutti i successivi 26 anni, Mandela fu sempre maggiormente coinvolto nell’opposizione all’apartheid, e lo slogan “Nelson Mandela Libero” divenne l’urlo di tutte le campagne anti-apartheid del Mondo. Rifiutando un’offerta di libertà condizionata in cambio di una rinuncia alla lotta armata (febbraio 1985), Mandela rimase in prigione fino al febbraio del 1990. Le crescenti proteste dell’ANC e le pressioni della comunità internazionale portarono al suo rilascio l’11 febbraio 1990, su ordine del Presidente sudafricano F.W. de Klerk, e alla fine dell’illegalità per l’ANC. Mandela e de Klerk ottennero il Premio Nobel per la pace nel 1993. Mandela era già stato in precedenza premiato con il Premio Lenin per la pace nel 1962 e il Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 1988. Durante la sua detenzione, durata appunto 26-27 anni, Mandela lesse molti testi, poemi, poesie, liriche, libri in lingua afrikaner (olandese) e inglese, lingua che nel corso della detenzione imparò a perfezione conoscendo grammatica e parlato del gergo comune. In particolare come spiegò il presidente dopo l’elezione come capo-guida della Repubblica del Sud Africa, una poesia in inglese del poeta Britannico William Ernest Henley, del 1875, dal nome Invictus, dal latino “invitto”, o “invincibile” della raccolta Vita e Morte (Echi), pubblicata per la prima volta nel 1888 all’interno del libro Book of Verses. Questa poesia per Mandela è stata, la principale causa del suo continuare la vita in prigione nell’arco di 26, lunghi anni. La poesia viene anche presa come fonte d’ispirazione per il lungometraggio di Clint Eastwood, Invictus, con la partecipazione dell’attore Matt Damon, nel ruolo del capitano degli Springbok, anno 1990-1995, François Pienaar, e di Morgan Freeman. Divenuto libero cittadino e Presidente dell’ANC (luglio 1991 - dicembre 1999) Mandela concorse contro De Klerk per la nuova carica di presidente del Sudafrica e vinse, diventando il primo capo di stato di colore. De Klerk fu nominato vice presidente. Come presidente, (maggio 1994 - giugno 1999), Mandela presiedette la transizione dal vecchio regime basato sull’apartheid alla democrazia, guadagnandosi il rispetto mondiale per il suo sostegno alla riconciliazione nazionale e internazionale. Tale transizione fu portata avanti tramite l’istituzione, da parte dello stesso Mandela, di un tribunale speciale, la cosiddetta Commissione per la Verità e la Riconciliazione (Truth and Reconciliation Commission, TRC). Un ruolo particolare Mandela svolse nell’ispirare e consigliare i rappresentanti dello Sinn Féin irlandese, impegnati nelle trattative di pace con il governo britannico. Alcuni esponenti radicali furono delusi dalle mancate conquiste sociali durante il periodo del suo governo, nonché dall’incapacità del governo di dare risposte efficaci al dilagare dell’HIV/AIDS nel Paese. Mandela stesso ammise, dopo il suo congedo, che forse aveva commesso qualche errore nel calcolare il possibile pericolo derivante dal diffondersi dell’AIDS. Anche la decisione di impegnare le truppe sudafricane per opporsi al golpe del 1998 in Lesotho fu una scelta controversa. Il 18 luglio 1998, giorno del suo ottantesimo compleanno, si sposò (per la terza volta) con Graca Machel. Dopo aver abbandonato la carica di presidente nel 1999, Mandela ha proseguito il suo impegno e la sua azione di sostegno alle organizzazioni per i diritti sociali, civili e umani. Ha ricevuto numerose onorificenze, incluso l’Order of St. John dalla Regina Elisabetta II e la Presidential Medal of Freedom da George W. Bush. Mandela è una delle due persone di origini non indiane (l’altra è Madre Teresa) ad aver ottenuto il Bharat Ratna, il più alto riconoscimento civile indiano (nel 1990). A testimonianza della sua fama va ricordata la visita del 1998 in Canada, durante la quale allo Skydome di Toronto parlò in una conferenza a 45.000 studenti che lo salutarono con intensi applausi. Nel 2001 ha ricevuto l’Ordine del Canada, primo straniero a ricevere la cittadinanza onoraria canadese. Nel giugno 2004, all’età di ottantacinque anni, Mandela ha annunciato di volersi ritirare dalla vita pubblica e di voler passare il maggior tempo possibile con la sua famiglia, finché le condizioni di salute glielo avessero concesso.

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