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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 18 dicembre 2013

Che tipo di ‘regalatore’ sei?

In queste gelide giornate di metà dicembre l’Italia è tutto un fremito: dai “forconi” che assediano i centri del potere, agli scioperi più o meno selvaggi; dallo shopping impazzito che fa schizzare lo smog oltre i livelli di guardia, agli imperdibili moniti presidenziali. E come se non bastasse questa triste congiuntura astrale, ecco avvicinarsi la più angosciante delle festività dell’anno: il Natale.
Ormai ci siamo, ancora una settimana e saremo immersi nella fantasmagoria della più strabiliante delle feste commerciali…! Hurrà… Seguirà come di consueto il pranzo di Natale, assisi intorno a banchetti spaventevoli, e come conseguenza soffriremo di una mostruosa indigestione causata dagli eccessi culinari. Che se uno fosse minimamente accorto potrebbe anche pensare: “A sto giro non mi fregano: e chi se ne importa se poi zia Ginetta ci resta male se lascio a metà la sua famosa lavagnetta ai funghi porcini…! Non posso mica ridurmi ad una larva dispeptica ogni volta…”. Ed in effetti c’è da chiedersi perché mai a Natale le persone debbano farsi per forza male da sole ingozzandosi come oche da foie gras della Dordogna: basterebbe limitarsi quel tanto che basta e al diavolo la citrosodina…! E invece no, ecco un recentissimo studio scientifico pronto a dimostrare che la quantità di cibo ingurgitata ha poco o nulla a che vedere con i disturbi gastroenterici festaioli. In realtà, come spiega all’Adn-Kronos lo psicopedagogista Edi Salvadori, pare che il Natale ci obblighi per convenzione a incontrare persone che non sempre riscuotono la nostra simpatia e da ciò ne deriverebbe una straordinaria reazione psicosomatica: “Le occasioni di incontro sono obbligate, ma non sempre gradite. Le famiglie sono una entità sempre più complessa e conflittuale. Generalmente si tenta di evitare le situazioni e gli incontri non graditi, e quando ciò non è possibile il corpo ci segnala il disagio emotivo con sintomi semplici ma emblematici: nausea, disturbi digestivi, mal di stomaco, mal di testa. Molti di questi disturbi possono essere ricondotti a conflitti emotivi che si innescano in situazioni di stress. Negli ultimi anni ho notato un aumento di questo disagio proprio dopo le feste. Fra le persone che seguo, una su quattro riferisce un peggioramento delle condizioni in questo periodo”. E dunque a monte i buoni propositi: se mal di stomaco dev’essere, mal di stomaco sarà…!
E i regali? ne vogliamo parlare? Anche qui ci saranno litrate di bile, non fatevi illusioni: ci ridurremo come al solito alle ultime 24 ore per correre ai ripari, e in questa frenesia disperata non faremo altro che danni. Statene pur certi. Ora però, abbiamo qualcosa di più certo a cui appoggiare le nostre angosce: la psicologa Paola Vinciguerra ha tracciato le linee guida sulle quali deve reggersi il nostro “desiderio” di regalare: «Nella scelta del regalo ci sono tre ‘ingredienti’ che non devono mai mancare: scambio, ascolto e generosità. Ma soprattutto è fondamentale focalizzarsi, più che sui propri gusti, su quelli della persona alla quale il dono è destinato». Semplice, semplicissimo…! Anni fa avevo un amico che era l’esatto contrario di tale asserzione: egli regalava sempre e soltanto cose che potessero servire a se stesso. Tanto che in compagnia si usava dire: “Cosa ti sei regalato per il compleanno di tuo padre?”. O di tua madre, o di tuo fratello, o per Natale, per la Befana, per Santa Lucia. Ogni occasione era buona per gratificarsi con qualcosa. Ecco, la psicologa invece ci invita a concentrarci sulla persona destinataria del regalo. E qual è il modo migliore per centrare l’obiettivo? Semplice: sapere ascoltare e al momento giusto ricordare. Inutile ad esempio regalare cravatte policrome a persone che vestono sempre con la tuta o col pigiama; o bottiglioni di grappa morbida a soggetti ipertesi e malati di fegato. In ogni caso però il regalo, prima di ogni altra cosa, deve essere sentito: se il tutto si riduce ad una semplice formalità è chiaro che va bene quel che capita. Ma a sto punto, piuttosto che regalare una delusione, meglio lasciar perdere. O no?
Ma quali sono le tipologie dei “regalatori” più ricorrenti nel panorama del dono: ecco pronta una bella lista molto completa (come direbbe l’esimio Maurizio Milani). Al primo posto troviamo “il ripetitivo”, ovvero colui che non viene mai meno alle sue poche, pavide certezze. Il motto di questo personaggio è più o meno questo: “Perché mai cambiare se l’altra volta è andata bene?”. E così la sua fatica natalizia sta semplicemente nel recarsi nel negozio dell’anno prima ed acquistare il medesimo articolo che tanto ha riscosso successo. Al netto di tutta l’ipocrisia che si cela dietro alla facciata del ricevente: “Oddio noooo, un altro libro di cucina della Clerici…”.
Al secondo posto invece troviamo “il frettoloso”, ovvero l’apoteosi dell’obbligatorietà, cioè l’esatto opposto di ciò che dovrebbe spingere a fare un regalo. Questo soggetto è la vittima principe del consumismo sfrenato, e in queste occasioni sente sul suo capo tutta l’inanità di questo gesto e di questo rituale, ma non ha la forza di ribellarsi. E così si lascia scolare addosso questo evento infausto nella maniera più indolore possibile: “Senta, devo regalare qualcosa a mia suocera…!” - “Ha qualche preferenza in fatto di profumi…?” - “Assolutamente no: faccia lei. Mi fido ciecamente”. Ed è così che si fa la felicità non già della suocera su menzionata, ma della proprietaria della profumeria, libera di “ammollare” la più fetente della acque di colonia rimaste in magazzino.
Al terzo posto ecco la categoria più fantasiosa, “gli originali”. Costoro sono dei malati di mente sempre in cerca di bizzarrie capaci di stupire e sorprendere. Ed è così che, nella notte più magica dell’anno, saltano fuori dalla carta regalo doni che farebbero storcere il naso perfino ad un macaco: kit completo in latta dura per “coltivare” perle; schiaccianoci a forma di Pippo Baudo; maniche in nylon per braccia magicamente coperte di tatuaggi; copri-capezzoli a forma di cuore. Di tutto di più: l’importante è che il dono sia originale.
C’è poi “quello che ha un pensiero per tutti”. In questo caso siamo di fronte ad uno dei soggetti più ecumenici della società civile; quando costui pensa ad un regalo, pensa un po’ a tutti. Si tratta inevitabilmente di filantropia spiccia, s’intende (caramelle e cioccolatini quasi sempre), a meno che l’elargitore non disponga di laute rendite al sole. Cosa assai improbabile tuttavia, essendo il ricco - per definizione - persona poco propensa al benessere del prossimo. In genere poi “quello che ha un pensiero per tutti” non dimentica mai di mandare lunghissimi e tediosi sms benauguranti a tutti i parenti, amici e conoscenti del globo terracqueo: centinai di messaggi tutti uguali, vaghi, generici e privi di qualsiasi connotato di natura personale. D’altra parte va bene pensare a tutti, ma non è che si può star lì a scrivere fino all’Epifania.
E per finire “i selettivi”, ovvero coloro che fanno sì regali, ma solo ed esclusivamente ai più intimi. Gli psicologi leggono tale atteggiamento come manifestazione di affettività sincera e spontanea; al contrario di coloro che regalano erga omnes, ma senza coinvolgimento reale. Data la crisi, pare che la categoria dei selettivi stia avendo la meglio su tutte le altre. Il che è un bene, s’intende: d’altra parte quando c’è l’amore c’è tutto. (“No ti sbagli, chella e ‘a salute”, Massimo Troisi - Ricomincio da tre, 1981).
Ad ogni modo stringete i denti, presto sarà tutto finito…

Fonte: http://www.tgcom24.mediaset.it/perlei/2013/notizia/regali-di-natale-dimmi-come-li-fai-e-ti-dir%EF%BF%BD-chi-sei_2015328.shtml
http://www.adnkronos.com/Salute/Sanita/?id=3.2.998014788

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