Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

venerdì 22 novembre 2013

La conoscenza un tanto al chilo

L’altro giorno discutevo di alta finanza con alcuni colleghi. Quando degli incompetenti discutono di argomenti e tematiche per sentito dire si tratta sempre di “alta finanza”. Per la verità si parlava anche di economia spiccia, dell’euro che ci ha “fottuti clamorosamente”, delle tasse che “ci stanno strangolando”, dell’evasione fiscale e quant’altro. Argomenti di una serietà agghiacciante, portati avanti con una sicumera che non ammetteva replica. Che uno potrebbe anche pensare: “Ma a cosa ci servono i vari Brunetta e compagnia cantante, avendo a disposizione cotanti preclari economisti?”. Devo essere sincero, sono riuscito a seguire e ad argomentare fino ad un certo punto, poi vuoi per la pesantezza della materia, vuoi perché su alcuni campi ero completamente al buio, mi sono lasciato scivolare sempre più nel mutismo rassegnato. Su di un paio di punti tuttavia mi sono impuntato. Il primo: “Agli immigrati vengono corrisposti 70 euro al giorno. Ora ditemi voi che interesse avrebbe a lavorare un tale che arriva qui in Italia e si trova tutti sti quattrini in saccoccia senza fare un beneamato c…”. Sentendo queste parole mi sono riavuto all’improvviso, come folgorato da una saetta: “Eh…! Possibile?”. E così, non avendo mai udito nulla di tutto ciò, ho cercato di capire che fonte avesse una tale notizia. Risposte vaghe, generiche, tendenti all’irrisione come a dire: “Ma sveglia…, come fai a non sapere una cosa così risaputa”. Al che ho provato a ragionare: “Forse voi intendete dire che i rifugiati di guerra e coloro che vengono accolti per ragioni umanitarie ricevono degli aiuti da parte dello Stato; ma in tal caso sono denari che vanno alle organizzazioni che garantiscono loro vitto e alloggio…”. La risposta, se possibile, è stata ancora più piccata e virulenta: “Nooo, tutti quelli che arrivano in Italia…”. A quel punto, non avendo contezza della materia, mi sono limitato a ribattere che mi sarei informato. Il secondo punto è stato ancora più fomite di polemiche: “Gli immigrati che aprono un’attività in Italia, per tre anni non pagano tasse”. Anche qui buoi totale: “Ma dove l’avete sentita quest’altra storia? A me non risulta”. Peggio che andar di notte: “Ma stai scherzando, guardati in giro: allora, secondo te, perché stanno spuntando kebab e negozi di parrucchiere cinesi come funghi? Perché non pagano un cazzo. E poi, scaduti i tre anni, chiudono bottega e riaprono con altro nome”. E per avallare tale tesi, ecco pronta per l’abbisogna la vicenda dell’amico rumeno che apre una pizzeria e non paga tasse. Anche qui, mi sono limitato a rispondere che mi sarei informato più approfonditamente. Morale: la storia dei 70 euro al giorno è una bufala colossale: trattasi in realtà di un volantino “bufala” messo in giro non si sa chi su Facebook: «Un cittadino extracomunitario sposato con quattro figli, arriva a percepire dalla Provincia Autonoma di Trento: 1.918 euro al mese più 1.350 euro una tantum. Tutto questo senza lavorare!». Ovviamente le cose stanno diversamente: il volantino mescola diversi contributi che non hanno come destinatari “gli extracomunitari” in quanto tali, ma qualsiasi famiglia che abbia i requisiti richiesti, che variano per ogni contributo, rendendo altamente improbabile che in capo a una sola famiglia possano andarsi a concentrarne tanti, che nel volantino sono calcolati sempre al valore massimo (es. per accedere al reddito di garanzia servono tre anni di residenza e il contributo dura solo quattro mesi, oltre ad essere condizionato alla perdita del lavoro per cause a lui non imputabili di un membro della famiglia). E stiamo parlando della Provincia Autonoma di Trento, non dell’Italia intera. Quanto al secondo argomento, ovvero l’esenzione tributaria triennale (rinnovabile) per gli stranieri che aprono un’impresa in Italia, be’ qui siamo al ridicolo. Nel senso che, parlandone con un’amica commercialista, le è scappata fuori una risata incontrollata. Qui in Italia si paga tutto e tutti pagano alla stessa maniera. Ed anzi, sono altri stati come la Cina che propongono queste agevolazioni agli imprenditori italiani (e non) affinché aprano attività commerciali nel loro paese.
Come si vede, basta davvero poco per pilotare le masse: una notizia che prende un po’ di verità, le mescola con delle menzogne sesquipedali, ed il piatto è pronto. Oggigiorno viviamo in un mondo dove è facilissimo reperire informazioni, ma allo stesso tempo siamo lasciati alla mercé di chi la spara più grossa. Anche perché, nei momenti drammatici, è assai comodo credere a notizie che mettono all’indice il nemico comune da abbattere: “l’extracomunitario arriva in Italia, delinque, vive a nostre spese e non paga le tasse”. Fantastico. Ecco pronto un bel bersaglio sul quale scaricare tutte le nostre misere frustrazioni. Fa niente che poi il dieci per cento del nostro Pil (ovvero la nostra ricchezza nazionale) è riconducibile alle attività degli stranieri (che pagano le tasse): sono tutti farabutti e mangiapane a tradimento.
Ieri sull’Ansa è comparsa una notizia interessante: secondo Adrian Ward, docente di psicologia della University of Colorado a Boulder, il “cervello umano non è più usato come memoria per immagazzinare conoscenze per le quali ci si affida alla rete; inoltre si fa meno riferimento agli altri per informarsi di qualcosa e si ha la presunzione di sapere tante cose, solo perché quando ci serve un’informazione la cerchiamo in un click su Google o su Wikipedia”. Da ciò ne deriverebbe “un’autoreferenzialità tale che per sapere qualcosa non chiediamo più agli altri”. In altre parole ci informiamo da noi senza più alcun filtro che garantisca l’attendibilità e la qualità dell’informazione. E al contempo tendiamo a divenire “saccenti perché essere sempre connessi cambia il senso soggettivo di sé, e i confini tra i ricordi personali e informazione accessibile online si confondono sempre di più”. Come giustamente sottolinea Ward, per millenni gli esseri umani si sono tramandati ricordi e conoscenze gli uni gli altri, di generazione in generazione, e la parola di un esperto (l’ipse dixit) diveniva patrimonio comune della collettività perché aveva un riscontro oggettivamente buono ed efficace. Oggi invece basta collegarsi ad un motore di ricerca ed ecco milioni d’informazioni alle quali abbeverarsi: una quantità talmente esagerata di conoscenza (garantita da chi???) che vien voglia di fermarsi alla prima mezza paginetta e chiudere tutto. «Questo – continua Ward – ha potenziali effetti negativi: può portare a un eccesso di sicurezza perché l’autostima cognitiva (cioè quel che presumiamo di sapere) viene artificialmente aumentata in modo distorto dall’accessibilità continua a internet. Ma un eccesso di autostima può portarci a scelte sbagliate: se crediamo di sapere qualcosa perché magari l’abbiamo vista online – spiega Ward – difficilmente approfondiremo l’argomento e finiremo per prendere decisioni non fondate su conoscenze certe». Un tempo le nostre nonne dicevano “se l’ha detto la televisione, vuol dire che è vero”. E ne ridevamo. Ora invece l’ha detto internet, e se tu non lo sai sei un allocco. Cambiano i fattori, ma il risultato è lo stesso.

Fonte: http://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2013/11/21/Cosi-internet-sta-cambiando-cervello-comportamenti-umani_9658940.html
http://www.giornalettismo.com/archives/1165109/lultima-bufala-sui-soldi-regalati-agli-immigrati/

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