Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 2 ottobre 2013

Cosa non si farebbe per sembrare più interessanti…

Borotalco, Italia 1982
Allora, parliamoci chiaro, a nessuno piace passare per imbecille o ignorante, su questo non ci piove. Ma da qui ad escogitare mezzucci di ogni genere per apparire più intelligenti e colti ce ne passa. D’accordo che il compianto Catalano suggeriva giustamente che è “meglio essere ricchi, belli e in salute, piuttosto che poveri in canna, brutti da non potersi guardare e malaticci”, ma non è che spacciandosi per chi non si è in realtà le cose migliorano. E poi si sa, “st’acqua qua non è che si può fermare con le mani” e “l’albero della macedonia non esiste mica” (copyright Bersani). Eppure, stando ai risultati di un recente sondaggio condotto nel Regno Unito, pare che una larga porzione degli uomini inglesi fanno regolarmente ricorso ad ogni sorta di artificio o raggiro per sembrare più intelligenti e dunque per affascinare parenti, amici e soprattutto partner. O meglio, potenziali partner: d’altra parte si sa, una volta conquistata la “preda”, è un attimo lasciarsi andare (su entrambi i versanti). Nello specifico il sito di ricerche Ask Jeeves ha domandato ad un migliaio di persone quali atteggiamenti tengono e quali cose dicono più spesso per apparire più interessanti e brillanti agli occhi degli altri. Dalle risposte è emerso che il 26 per cento degli intervistati uomini ha candidamente ammesso di spacciarsi regolarmente per profondo conoscitore di svariati campi dello scibile umano (mentre in realtà trattasi di bestie di un’ignoranza abissale); la percentuale scende per le donne: solo il 14 per cento ammette di fingere di sapere cose che in realtà non sa. Due terzi del campione inoltre, senza un filo di vergogna, afferma che tali atteggiamenti sono appositamente studiati per far colpo sugli amici; un terzo lo fa per apparire più bravo sul posto di lavoro; per il restante 32 per cento millantare è un mezzo come un altro per sedurre la partner. Nel dettaglio si scopre che uno dei modi più comuni per dimostrare la propria finta cultura è quello di citare battute spacciandole per proprie. Davvero una cialtronata, non c’è che dire. Nel film Ricomincio da tre, Massimo Troisi, in procinto di lasciare Napoli, rimane colpito da una frase pronunciata dall’amico Lello: «Chi parte, sa da che cosa fugge, ma non sa che cosa cerca». Gli chiede se la frase è sua e Lello schermendosi annuisce. Qualche tempo dopo Troisi si trova in compagnia di Anna, una ragazza che vorrebbe conquistare, e ricordando quella frase, la lascia cadere nel discorso con grande nonchalance. Al che Anna si blocca di colpo e gli dice: «Che fai, parli con le frasi degli altri?». E Troisi imbarazzatissimo: «Perché, conosci a Lello tu?». E lei: «E chi è Lello? Questa è una frase di Montaigne…». Ecco, per i millantatori ci vorrebbe sempre un’Anna a disposizione…!
Ma non si tratta solo di citare battute. Ci sono quelli che riportano proverbi, aforismi, detti: tutti perlopiù storpiati e privi di fonte. E quelli che citano frasi in latino, violentando la lingua di Cicerone in maniera agghiacciante. Certo citare un autore conosciuto fa molto chic, conferisce una certa statura culturale alla persona che la riporta, fa scena. Quanti tuttavia avranno mai letto una sola opera dell’autore citato? Su Facebook, per esempio è tutto un pullulare di citazioni estrapolate da chissà quale sito internet. E chissà con quale attendibilità. Ci sono autori - come Bukowski - che vengono saccheggiati senza pudore da persone che non hanno di loro alcuna conoscenza, che non hanno mai sfogliato un solo libro in vita loro. Eppure, ecco pronta una bella frase ad effetto, tanto per turlupinare qualche bel gonzo.
Il sondaggio peraltro ha rilevato che anche nel campo dell’arte contemporanea spopolano i millantatori: sono tutti diventati grandi intenditori, grandi fruitori di mostre e rassegne di autori spaventevoli e perlopiù sconosciuti. E se per caso ad un invito rispondi di non conoscere questo o quel pittore, ricevi delle occhiatacce feroci. Una volta, tanto per essere fuori dal coro ad un’amica che mi chiedeva se fossi andato con lei a vedere la mostra di Magritte, risposi: “Ma chi, il commissario?”. E lei: “Si, c’è anche il cane Rex”.
Vi sono inoltre quelli che in presenza di altre persone fingono di apprezzare la musica classica e che dileggiano quella pop; quelli che acquistano e portano a spasso come fosse un cagnetto da compagnia enormi tomi di pensatori autorevoli (ricordo che anni e anni fa se non andavi in giro con Il pendolo di Foucault sottobraccio eri considerato un mentecatto); quelli che a voce sostenuta disquisiscono di politica e alta finanza (salvo che si rendano conto di avere a che fare con qualcuno che se ne intende veramente); quelli che fingono di leggere Il Sole 24 Ore sui mezzi pubblici (mentre nelle pagine interne del quotidiano si nasconde La Gazzetta dello Sport); e ancora quelli che si spacciano per grandi intenditori di vini; quelli che portano occhiali finti da vista per avere un’aria più intellettuale; quelli che se la danno da gran signori, ma poi vanno a fare le ferie a Pinarella di Cervia (con il caffè nei thermos).
I ricercatori inglesi si dicono stupiti dai risultati del loro studio: una tale quantità di imbroglioni non se la sarebbero mai aspettata. A noi italiani invece, abituati al classico infermiere che in spiaggia si spaccia per dottore, questi dati ci lasciano quasi indifferenti. Di fronte ad un fenomeno simile non si riesce neanche a ridere: al massimo sorridere. Perché, come sosteneva Pirandello, questi casi umani possono essere umoristici, ma non comici: sorridiamo di fronte a queste tristi sceneggiate, ma allo stesso tempo commiseriamo le persone che si coprono così miseramente di ridicolo. E ne proviamo quasi tenerezza.
Ma essere se stessi, con tutti i pregi e difetti di qualsiasi altro essere umano, fa proprio così orrore?

Fonte: http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_02/trucchi-seduzione-decalogo-intelligenti_d33a64b0-e306-11e2-a1f9-62e4ef08d60d.shtml

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