Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 4 settembre 2013

Marche & Abruzzo Bike Tour - 930 km a spasso per il Centro Italia - Terza parte

Visita alla città (semideserta): Palazzo Ducale, Duomo, Chiesa di San Domenico con la sua mostra missionaria. Ci sarebbero da vedere altre cose, i luoghi di Raffaello in primis, ma siamo stanchi e desiderosi di terminare questa prima cavalcata. Si scende lungo una ripidissima stradina che ci porta sulla nazionale. Da qui ancora qualche chilometro di discesa ripida e tortuosa, con vista impareggiabile sulla facciata del Palazzo Ducale, ed eccoci da Nené, il nostro posto tappa. L’accoglienza è di prim’ordine e il pensiero corre subito alla piscina che appare improvvisa dietro la siepe, come un miraggio nel deserto. Appena il tempo di mollare i bagagli e indossare il costume e siamo già in acqua. Con tanto di tuffo a bomba e urlo “Banzai…”. Nessuno legge le regole per accedere in vasca ovviamente (cuffia; niente tuffi; doccia; discrezione), ma per fortuna non ci sono altri clienti al momento del nostro ingresso. L’unico a restare fuori è Lorenzo: egli, essendo un montanaro d’indole ed elezione, non è per nulla avvezzo all’elemento acquatico. Per di più è molto stanco e preferisce riposare. Alfio invece è un gaudente e ama i giochi acquatici. E così, giocando con Simona, lancia così forte una palla che la fa finire lontana nel bosco. Le ricerche successive della stessa non daranno buoni frutti.
Aperitivo a bordo piscina, doccia e cena. Una cena assai gradita.
Nella notte, intorno alle 02.00, nella stanza di Alessandra, Simona e Alfio, parte improvvisamente il condizionatore dell’aria. Forse si tratta di un malfunzionamento, o forse di una programmazione rimasta in memoria. Fatto sta che, nonostante tutti i tentativi possibili e immaginabili, compresi pugni, sputi e calci con rincorsa sull’interruttore, non c’è verso di disattivare l’infernale congegno. Unica soluzione, dormire con due coperte: è l’11 agosto…!

Al mattino, dopo un’abbondante colazione (marmellate e torte fatte in casa tra le altre cose…), si parte per la tappa più lunga dell’intero tour (che tra l’altro è stata argomento di discussione per giorni e giorni prima della partenza; quasi al pari della quarta tappa, di cui, a tempo debito, forniremo adeguati ragguagli). Oggi in programma c’è l’arrivo a Jesi. Neanche il tempo di scaldare i muscoli ed ecco la prima foratura. Ovviamente si tratta di una delle gomme della mia bicicletta. E siamo in un ripidissimo tratto in salita. Per fortuna si è bucata quella anteriore (quella posteriore avrebbe comportato ben altro impegno…). Si riparte e in breve siamo a Fermignano, piccolo borgo dalle radici storiche antichissime. Il ponte che supera il Metauro fu edificato dai romani e da queste parti le legioni repubblicane nel 207 a.C. sconfissero l’esercito cartaginese di Asdrubale, giunto in soccorso del fratello Annibale. Più prosegue il nostro viaggio e più ci rendiamo conto che qui, in questi posti che oggi ci dicono poco o nulla, è passata la storia. Foto di rito sul parapetto del ponte e ripartenza. Si sale, le colline marchigiane si accendono di colori intensissimi: il verde dei boschi e dei prati, il giallo-oro dei campi di grano e di girasoli, l’azzurro che scolora all’ultimo orizzonte. E sui poggi che si ergono solitari in quest’immensità silenziosa, di tanto in tanto si avvistano casolari isolati, raggiungibili solo da sottili stradine bianche e polverose.
Si scende verso sud, giù per Aqualagna, e poi si piega verso est, direzione le Gole del Furlo. Breve visita alla Chiesa di San Vincenzo, che è ciò che resta oggi di un’antica abbazia del VIII secolo, e ripartenza. Transitiamo lungo un altro di quei luoghi magici, che hanno visto le gesta di uomini e popoli del passato: l’antica via Flaminia. Il fiume Candigliano, che corre parallelo alla strada, nel corso dei millenni ha scavato una forra profonda tra il Monte Pietralata e il Monte Paganuccio, e se non fosse per la diga eretta nel 1922, si potrebbe assistere ad uno spettacolo strepitoso. Non che questo che abbiamo sotto i nostri occhi sia cosa da poco, s’intende, ma il livello dell’acqua ha coperto gran parte delle profondità che pure esistono. L’imperatore Vespasiano, per agevolare il transito nel punto più stretto del tracciato, fece scavare nel 76 d.C. una galleria detta “forulum”, da cui Furlo. E per i più attenti c’è anche un’iscrizione che ne ricorda l’evento: “IMP(erator) CAESAR AUG(ustus) – VESPASIANUS PONT(ifex) MAX(imus) – TRIB(unicia) POT(estate) VII IMP(erator) XVII P(ater) P(atriae) CO(n)S(ul) VIII – CENSOR FACIUND(um) CURAVIT”. Una delle tante opere impossibili realizzate dai romani: 38 metri scavati a colpi di scalpello nella roccia calcarea. Da allora, lungo questa strada, sono passate le legioni romane di Odoacre, gli Ostrogoti di Vitige e Totila, i Bizantini di Belisario e Narsete, i Longobardi di Alboino e Autari. Persino il Duce amava transitare da qui quando si spostava tra Roma e il Nord Italia.
Da qui si prosegue per Fossombrone e poi su per Sant’Ippolito: altra bella salitella (246 m.sl.m). Sosta e foto ricordo. Un gruppo di ciclisti panciuti e attempati c’invitano a pranzare con loro presso il vicino ristorante di Reforzate. Ma noi abbiamo la nostra bella frutta: e questa ci basta…!
Si scende e si risale lungo strette vallate, fino a raggiungere Mondavio. Si fa sosta all’ombra degli alberi che guardano le mura possenti della rocca. Lorenzo non sta bene, accusa mal di stomaco e senso di nausea. Forse è la stanchezza, forse ha preso freddo. La lunga sosta sembra rimetterlo in sesto, ma da qui a breve si capirà che il problema non è affatto superato. Si scende a San Michele e da qui si può già osservare Corinaldo, il paesino che si trova sul nostro percorso. I locali tuttavia ci avvisano che il ponte sul fiume Cesano è interrotto causa lavori e dunque ci consigliano di raggiungere Castelleone di Susa e poi rientrare. Così facendo però allunghiamo il tragitto di almeno una decina di chilometri. Decidiamo di tentare la sorte: alla peggio troveremo un guado. Imbocchiamo la strada che conduce al ponte infischiandocene dei cartelli che bloccano il transito. Ci sono degli operai a lavoro. Uno di questi è alquanto scorbutico e ci fa segno di tornare indietro. L’altro, dopo un leggero tentennamento, ci dice di passare: velocemente. Il ponte è crollato nella parte centrale, ma noi si passa lateralmente, là dove l’acqua del fiume non c’è più da primavera almeno. E così superiamo Corinaldo, e poi Ostra Vetere. Oltre a Lorenzo, anche Alessandra è in difficoltà: il ciclo è giunto nel momento meno opportuno. La salita per raggiungere Ostra Vetere è drammatica e, sebbene breve, in alcuni tratti supera abbondantemente il dieci per cento. Per Lorenzo è notte fonda: da qui in poi sarà un lungo e tormentoso calvario. La sua andatura rallenta, spesso deve fermarsi. Sulla strada che guarda verso Belvedere Ostrense e San Marcello, il gruppo, che si era sparpagliato a seconda delle diverse andature, si riunisce. Lorenzo sta male. Siamo tutti intorno a lui per aiutarlo e confortarlo. Mancano una dozzina di chilometri a Jesi e comincia a farsi tardi. Dopo alcuni minuti suggerisco agli altri di avviarsi: resterò io con lui fino ad attendere che si riprenda. E così Alessandra e gli altri si avviano. Lorenzo ha un paio di conati di vomito ed è ormai privo di forze. Ha attinto tutto ciò che poteva dalla sua resistenza di maratoneta, ed ora è sul punto di crollare. Poi, come un Cristo sotto la croce, si fa animo e risale in bicicletta. E così, lentamente, raggiungiamo gli altri all’Ostello Villa Borgognoni. Al termine della pedalata il contachilometri segna 92.
[continua...].

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