Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

venerdì 3 maggio 2013

Sei pessimista? Fuori dalle balle…

In tempo di crisi ecco giungere l’ultimo fantasmagorico consiglio degli esperti: “Essere ottimisti aiuta a conserva il posto di lavoro”. Anche se la banca vi mette la casa all’asta, se vi tagliano le utenze, se vostra suocera sarà ospite a cena e nel fine settimana danno pioggia, l’importante è mostrarsi allegri e sorridenti in ufficio. Sempre e comunque. A sostenere questa tesi, pubblicata sulla rivista scientifica Harvard Business Review, sono le ricercatrici Janet Banks e Diane Coutule. Dal loro studio emergerebbe che le persone uscite indenni dalla crisi economica, sarebbero nella maggior parte dei casi individui allegri, piacevoli, generosi, e non necessariamente i più esperti e competenti. In altre parole, quando la burrasca imperversa, si può essere anche i migliori nocchieri dei sette mari, ma se si è preda di pessimismo e sconforto, non si esce neanche dalla diga foranea.
Ciò che conta insomma è manifestare un atteggiamento il più positivo possibile. E la ragione è presto detta: il pessimista, o comunque la persona soggetta al cattivo umore, influenza inevitabilmente tutto l’ambiente in cui vive e lavora e, in breve tempo, tutti gli individui che con lui interagiscono si trovano a vivere i suoi stessi sentimenti, i suoi medesimi sconforti. E con ciò, anche il rendimento su lavoro tende a peggiorare, perché a prevalere è l’idea che comunque dalle cattive acque non se ne uscirà punto, e dunque tanto vale non affannarsi. “I manager – sostengono Banks e Coutule – danno valore a chi in azienda contribuisce all’atmosfera generale con energia positiva. I brontoloni, le persone pessimiste e negative, sono i primi della lista quando si tratta di licenziare”.
Mamma mia che tragedia, da oggi in poi non ci sarà più neppure il gusto di lamentarsi per le proprie sventure, neanche il conforto di uno sfogo salutare con qualcuno. Bando alla mestizia, alla rassegnazione e alla depressione, e largo ai sorrisi del sole che bacia la fronte. E se qualcuno vi dice che “L’ottimista è colui che, senza un soldo in tasca, ordina delle ostriche nella speranza di poterle pagare trovando una perla”, voltategli subito le spalle. Da qui a qualche giorno si troverà col culo in mezzo alla strada.

Ma siccome non ci potevamo lasciare con una notizia così angosciante, eccone pronta subito un’altra ben più gustosa. Stando ad un’indagine condotta dall’Università del Michigan, l’uso del telefonino è contagioso come un virus a diffusione rapidissima e devastante, e non lascia alcuno scampo. Dall’analisi dei dati emergerebbe che una persona qualunque, messa di fronte ad un individuo che armeggia con il suo cellulare, o anche con il suo I-Pad o qualunque altra diavoleria elettronica, tempo pochi nanosecondi e prova una pulsione irresistibile a mettere mano al suo smart-phone. L’imitazione in questo caso agisce in maniera involontaria e compulsiva, con un meccanismo non dissimile dallo sbadiglio o dal contagio depressivo. In presenza di persone alle prese con un telefonino, un individuo di normali facoltà mentali è indotto a controllare il proprio apparecchio in media ogni dieci secondi. Un comportamento che in altri tempi e altre circostanze avrebbe indotto a chiamare la neuro-deliri per un più che opportuno trattamento con elettrochoc.
Ecco, di fronte a tali notizie non si può non ricordare la manifestazione che si è tenuta recentemente a Porto Sant’Elpidio (Fermo): la quinta edizione del Campionato Nazionale del Lancio del Telefonino. La disciplina, ideata quattro anni fa da Massimo Galeazzi, un sagace imprenditore comasco, ha visto la partecipazione di oltre millecinquecento “lanciatori” provetti, e ad aggiudicarsi il prestigioso trofeo è stato Andrea Gubbiotti, 17enne di Porto Sant’Elpidio, con un tiro di 59 metri e 89 centimetri. Come premio per il vincitore, un cellulare di ultima generazione. Ovviamente.

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