Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 20 marzo 2013

Nessuno è perfetto, rassegnamoci

La maggior parte degli utenti di facebook o di altri social network, dopo aver compilato le doverose informazioni di base – evitando accuratamente di mettere la data di nascita qualora si sia superata la quarantina – corre subito a cercare la fotografia più idonea da inserire sul profilo. I più ingenui – pochi per fortuna – scelgono la classica posa da foto segnaletica riuscita male. I più pessimisti invece, pur di non mostrare la loro reale apparenza, optano per panorami d’alta quota, spiagge tropicali, oppure nature morte. O al limite si fanno riprendere in campo lungo, piccolissimi e alle pendici di montagne himalayane. C’è poi la categoria dei furbetti, quelli che barano biecamente pur di apparire meglio di quanto non siano. E ovviamente stiamo parlando della quasi totalità degli sciagurati esseri umani vittime di questi marchingegni informatici. In questi casi il volto del soggetto ritratto è rigorosamente abbronzato, con un sorriso fascinoso e accattivante, spesso nella penombra, in un contesto bucolico o estremamente avventuroso. Le donne appartenenti a tale categoria poi, appaiono tutte come straordinarie star di Hollywood. Tanto che spesso gli ingenui marpioni della rete, osservando tali fotografie, corrono subito a chiedere “l’amicizia” della diva, nella speranza che ci scappi l’avventurazza extra-coniugale (magari senza neanche spendere troppi quattrini, che come si sa, ormai ce n’è pochi). In realtà, dietro a tutta questa meschina messa in scena, ci sono i soliti, miserabili trucchetti del mestiere: nel 99 per cento dei casi, infatti, le belle rappresentazioni che si vedono in rete, non sono altro che il risultato di opportuni ritocchi eseguiti con i più avanzati software di computer grafica. Tutta fatica sprecata, credetemi. Un paio di giorni fa ho ascoltato alla radio di una ricerca condotta dal Dipartimento di Psicologia presso l’Università di Portsmouth (Gb) sulla percezione della bellezza. Stando alle conclusioni degli studiosi sembrerebbe che se anche un individuo, ritenuto unanimemente bello, s’impegnasse ad apparire il più possibile brutto, magari con una smorfia orrenda o assumendo un’espressione disgustata, per gli osservatori non cambierebbe nulla: apparirebbe sempre e comunque attraente. E, conseguentemente, chi è considerato brutto, lo resta anche se cerca in qualche modo di apparire un po’ più bello, magari sfoggiando un bel sorriso. In altre parole, se puta caso Jimmy il Fenomeno apparisse sorridente su di un panfilo al tramonto, abbigliato con il miglior vestito di Armani e contornato da splendide fotomodelle, sarebbe comunque considerato un cesso. E di converso, se anche Brad Pitt fosse fotografato mentre spala letame, strabuzza gli occhi e fa una boccaccia all’obiettivo, non ci sarebbe alcun dubbio: sarebbe comunque considerato un gran figo. È la triste sorte riservata ai brutti, e i brutti lo sanno. Tant’è vero che, per superare l’angosciante constatazione, un giorno un brutto (forte) s’inventò l’assai ipocrita espressione: “Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”.
Il chirurgo plastico Paolo Mezzana ha lanciato su facebook un sondaggio che ha coinvolto 1.600 donne. La domanda a cui bisognava rispondere era: “Come ti consideri?”. Il 18 per cento delle interpellate ha risposto di considerarsi bella, mentre l’82 per cento ha affermato di sentirsi “normale” o “niente di che”. E quali difetti vorrebbero correggere, queste benedette donne, se solo potessero? Soprattutto pancia (15 per cento) e naso (10 per cento). Un’intervistata su tre inoltre, afferma che modificherebbe più di una cosa di se stessa. A salvarsi, a quanto pare, ci sarebbero solo occhi e labbra. Strana quest’ultima voce, considerando tutti i “canotti” che si vedono in circolazione. Mezzana sostiene che in realtà, spesso ciò che si chiede di correggere al chirurgo plastico non è neanche un difetto, ma semplicemente una distorsione della propria immagine. In altre parole molte persone metto in relazione il proprio disagio esistenziale con i propri (presunti) difetti fisici, e credono di risolvere il problema con una operazione chirurgica. Salvo poi, ad operazione avvenuta, accorgersi che c’è un altro difetto, e poi un altro e ancora uno, in una catena infinita di paranoie mentali che avrebbero bisogno di trattamenti specialistici di tutt’altra natura. Ma l’atelofobia, vale a dire l’angoscia di sentirsi imperfetti, anche in assenza di difetti oggettivi, oltre ad essere il campanello d’allarme di un disagio psicologico, può essere anche causa di disturbi fisici e metabolici. La perfezione fisica spesso viene valutata sulla base di un’errata concezione della realtà, di come le cose dovrebbero essere, secondo il proprio modo di vedere le cose. Una ricerca condotta dalla Flinders University, di Adelaide ha dimostrato che dietro allo sviluppo di disordini alimentari e comportamenti a rischio, o compulsivi, vi sarebbe il perfezionismo, quale visione distorta di quello che dovrebbe essere l’immagine ideale del proprio corpo. Vale a dire, quanto più una persona pensa di essere idealmente lontana dal proprio modello di riferimento, tanto più avrà la possibilità di andare incontro a disturbi e problematiche. Anche qualora non abbia grossi problemi di linea. Le donne, in altre parole, pagano oggi lo scotto di avere come cliché di riferimento, la modella al limite dell’anoressia. Ma si tratta pur sempre di cliché: nell’antichità per esempio andavano di moda rotondità e taglie forti e le rinsecchite non venivano neanche guardate.
Oggi quasi nessuno si accetta più per ciò che è. Persino gli uomini, un tempo fieri del loro aspetto beluino, perseguono la bellezza ad ogni costo ricorrendo a creme viso, creme corpo, depilazioni totali, mascheroni, massaggi. Molti arrivano finanche a farsi ritoccare le sopracciglia, ottenendo come risultato solo tragiche espressioni ambigue ed effeminate. Quando la smetteremo di correre dietro alla chimera della perfezione? Quando cominceremo ad accontentarci di ciò che siamo?
Non ne ho la certezza, ma sono convinto che se Venere nascesse oggi, non superebbe neanche il più infimo dei casting. D’altra parte con quello strabismo, dove volete che possa andare…?

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