Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

martedì 26 marzo 2013

Chiudi quel fottuto telefono…

Vi è mai capitato in treno di avere per le mani un libro che vi appassiona oltremisura, poniamo caso Anna Karenina, e all’improvviso il telefonino del vostro vicino comincia a squillare? Situazione piuttosto usuale di questi tempi, purtroppo. Ecco, vi basteranno pochi attimi per capire che avete bel e finito di leggere. Il perché è fin troppo ovvio: le insulse idiozie che promaneranno dalla bocca del vostro vicino, non faranno altro che disturbarvi, confondervi e farvi perdere il filo. Al che voi tornate al capoverso precedente e rileggete integralmente il paragrafo. Niente da fare, le parole vi scoleranno addosso come acqua fresca. E dire che si tratta di Tolstoj, mica dell’autobiografia di Giacomo Poretti. A quel punto sollevate lo sguardo dal volume e lo puntate dritto in faccia al molestatore telefonico. Non c’è niente di buono nella vostra espressione, e lui lo sa. Tant’è che per farsi parzialmente scusare, comincia a gesticolare, a lanciarvi delle occhiate d’intesa, delle smorfie che mimano profonda seccatura. Il tutto per farvi capire che, se fosse per lui, quella conversazione terminerebbe all’istante. Anzi, non sarebbe mai e poi mai cominciata. E così il farabutto, avendo guadagnato un briciolo di empatia da voi, si lascia andare e continua imperterrito a parlare con l’altro mentecatto dall’altra parte del cavo. Anche per trequarti d’ora consecutivi. E a voi non resta che sperare nel sopraggiungere di una galleria che interrompa quella dannata conversazione. O magari anche in un fulmine che incenerisca l’apparecchio e il suo fetido utilizzatore.
Un recente studio dell’Università di San Diego, in California – dipartimento di psicologia – ha dimostrato che niente più delle ciance telefoniche altrui mette alla prova la nostra concentrazione. Soprattutto quando al nostro orecchio arriva solo una parte del dialogo. Tanto e tale è il disturbo che ne deriva da questa conversazione telefonica, che la vittima è costretta a interrompere immediatamente l’attività che sta svolgendo. Secondo i ricercatori ciò deriverebbe dall’impossibilità del nostro cervello di seguire due pensieri contemporaneamente: o si legge o si ascolta. Il fastidio che si prova in questi momenti è talmente forte che, al confronto, lo stridio del coltello e della forchetta sfregati contro il vetro, o il rumore del gesso e delle unghie sulla lavagna, sono nulla.
L’invadenza dei cellulari ha ormai raggiunto dei livelli insopportabili, e non si tratta più di buone o cattive maniere. Qui siamo entrati nel campo del patologico. Un tempo almeno esistevano dei luoghi in cui non c’era campo, dove la linea non arrivava, e dunque gli apparecchi erano muti. Oggi invece, la copertura è quasi totale, perfino nei tunnel della metropolitana. E così, oltre a trovarti pigiato e spintonato all’interno dei vagoni, ora sei anche accerchiato da decine di malati di mente che urlano dentro i microfoni dei loro apparecchi per farsi udire nel frastuono della corsa del treno. Un girone dantesco. E non è solo in metropolitana che si verifica questa sciagura. Ovunque ti giri c’è qualcuno che parla al telefono: al ristorante, al cinema, al supermercato, in coda alla posta, in banca. E ognuno di costoro sente forte la necessità di far sapere a tutto il genere umano i suoi fottutissimi affari. E intanto la rabbia monta, e l’intolleranza verso il prossimo galoppa. Persino tra Capi di Governo. Qualche tempo fa un tale, invitato ad un importante vertice europeo, fece attendere un tempo infinito il Cancelliere del paese ospitante, perché doveva terminare la sua conversazione con non si sa chi. Una scena raccapricciante: il primo che parla e gesticola fissando un punto indefinito in lontananza, e il secondo che, braccia conserte e viso rabbuiato, attende nervosamente che la conversazione abbia fine. In altri tempi un simile affronto avrebbe provocato senza dubbio conseguenze belliche.
Domenica scorsa la Chiesa ha celebrato Le Palme, vale a dire l’arrivo del Messia a Gerusalemme. Nel Duomo c’era una folla incredibile e la messa era officiata dal Vescovo. In un silenzio assoluto, tre sacerdoti hanno letto Passione e Morte di Nostro Signore, dal Vangelo di Luca. È stato un momento molto suggestivo, quasi d’estasi. L’ultima cena, la predizione del rinnegamento di Pietro, il Getsèmani. In un crescendo di patos spirituale, tutti i fedeli ascoltavano senza un fiato. E ancora Pilato, la via dolorosa, la crocifissione. E infine la chiusa drammatica: «Il velo del tempio si squarciò a metà. E Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito”. Detto questo spirò». Ed è proprio in quel preciso attimo che… drinnnn! Come volevasi dimostrare. E sì, il telefono di una signora impellicciata ha inizia a squillare maledettamente, tra i borbottii rancorosi dei fedeli. Metà dei quali, peraltro, aveva il cellulare acceso. E dunque tale signora, con assoluta calma e noncuranza, ha aperto la borsetta, ha cercato il cellulare, indossato gli occhiali e letto sul disk-play il nome del chiamate. Poi ha piegato vistosamente le labbra in una smorfia di indifferenza e con un lieve tocco sulla tastiera ha buttato giù la chiamata. E quindi, come niente fosse ha riattaccato “Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra…”. Che meraviglia.
http://www.webmd.com/balance/news/20130313/hate-other-peoples-cellphone-calls-youre-not-alone

Nessun commento:

Posta un commento