Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

venerdì 15 febbraio 2013

L’algoritmo dell’anima gemella

Allora, spiace dirlo, ma tutte quelle vecchie litanie, tutti quei beceri luoghi comuni, tutte quelle solfe in agro-dolce su quanto gli opposti si attraggano e si completino reciprocamente, sono delle gran panzane. Mi hanno sempre molto stupito coloro che, mostrando orgoglio e baldanza, sostengono: “Ah guarda, io e lei…, completamente diversi. Ed è per questo che andiamo d’accordo…”. Un corto circuito nel cervello. E sì, perché se a me piace bianco e a te piace nero, il punto d’incontro sarà pur sempre un grigio che non soddisferà nessuno dei due. Un compromesso al ribasso. Salvo che uno dei due ceda a vantaggio dell’altro - per amor suo, diciamo così - , ma sarà comunque, una rinuncia più o meno dolorosa, a seconda del grado più o meno elevato di masochismo presente nel soggetto che si sacrifica. A meno che, dai e dai, la coppia non si sintonizzi sulla stessa lunghezza d’onda, non cominci a vedere il mondo con gli stessi occhi. Un po’ come succede tra cane e padrone. Fateci caso se non finiscono per assomigliarsi anche loro: padrone grassoccio, cane botolo; padrone depresso, cane con espressione da funerale; padrone tombeur de femmes, cane stupratore di cagnette al parchetto, sotto gli occhi esterrefatti di gruppi di religiosi casualmente di passaggio. La vita in comune, al di là di tutti i discorsi più o meno poetici sull’amore, è pur sempre un grande compromesso, occorre dirlo: per natura l’uomo, essendo un animale sociale, è portato ad aggregarsi. La rinuncia alla libertà individuale e assoluta ha portato il vantaggio della socialità. Con tutto ciò che ne comporta. Ma è un dato di fatto che ogni persona ha le proprie peculiarità, le proprie caratteristiche, le proprie manie. E sono tutte particolarissime. In fondo è questo il bello dell’Universo, o no? L’unica cosa che possiamo fare dunque, avendo scelto liberamente di vivere in branco e nello specifico, di vivere in coppia, è quello di sceglierci delle persone che siano il meno distanti da noi, con le quali, pur nella costanza delle differenze, ci sia una parvenza di affinità o almeno di compatibilità. È del tutto naturale, direi. È un po’ quello che succede tra amici: gli amici uno se li sceglie, si dice. E su che base si compiono queste scelte? Sul grado di affinità, evidentemente. Nel film Scusate il ritardo Lello Arena interpreta la parte di ragazzo abbandonato dalla fidanzata. Non si dà pace, piange notte e giorno e medita propositi suicidi. Massimo Troisi, l’amico del cuore, cerca di tirarlo su, di infondergli speranza, dice che presto troverà una nuova compagna. Ma questi replica che ciò non potrà avvenire e che se anche si accorgesse di incontrare una persona che per lui potrebbe andar bene, egli la rifiuterà. Troisi gli chiede il perché e questi risponde: «Perché non è facile. Vedi io all’inizio, con lei, mi sembrava brutto dirle che a me non piaceva la salsa con i semi e le pellecchie, e me la mangiavo. Poi, in tre anni, uno parla e si capisce, comunica. All’inizio le scartavo proprio perché non mi piacevano, poi però uno parla, e ci siamo trovati d’accordo. Però c’ho messo tre anni per farle capire che non mi piaceva. Mo’ piglia e mi metto con un’altra e ricomincio tutto d’accapo. Io non ce la faccio». Al che Troisi gli replica: «Scusa Tonino, ma che significa? Tu dovresti migliorare, quest’esperienza ti deve far migliorare. Senza perdere più tre anni, quando trovi una che, su per giù ti può piacere, appena te la presentano, subito “piacere Tonino, non mi piace la salsa con i semi e le pellecchie”. In una volta recuperi tre anni. E fai un passo avanti». Ma Tonino insiste: «Io la pigliavo, la portavo, le facevo mille attenzioni, mille pensieri…, io non capisco che cosa le ho fatto…». E Troisi: «Esatto, è proprio questo Tonino…! Tu eri troppo… “amore…, e dammi un bacio…, e abbracciami…, e se io dovessi morire tu che faresti…”. Tonino, uno si scoccia…! E poi ste cose non si chiedono: o ci stanno o non ci stanno. Tu le chiedevi, e lei te le dava? No. Ecco, vedi: allora dovevi essere tu a lasciare lei. Dovevi dire: “Guarda volevo delle cose che non mi dai, vado da un’altra che me le da”». Quando si dice incompatibilità caratteriale.
Ora uno studio condotto dal Gesis Leibniz Institute for the Social Sciences (Mannheim, Germania) dimostrerebbe che le coppie formate da partner con personalità poco compatibili tra di loro, tenderebbero a separarsi nell’arco di un quinquennio. Analizzando circa cinque mila coppie, per un intero lustro, è emerso che le coppie felicemente sopravvissute durante i cinque anni erano formate da partner tra loro compatibili e che, viceversa, i rapporti finiti male entro i cinque anni erano caratterizzati da persone con personalità poco simili e armoniche. E anzi, cosa ancora più singolare a dirsi, sembrerebbe che il livello di corrispondenza e compatibilità iniziale di coppia, non solo non si è accresciuto nel periodo di convivenza, ma è addirittura diminuito. Come a dire che se due sono poco affini all’inizio, alla fine saranno ancora più lontani e incompatibili l’uno con l’altra. Già, ma come si capisce se due persone potranno essere buoni partner? In fin dei conti, soprattutto nei primi, iniziali momenti, è l’infatuazione che domina le dinamiche relazionali, la mente è obnubilata dalla passione, si prova un’attrazione sentimentale e fisica irresistibile, tale da mettere tutto il resto in secondo piano. Spesso ci si accorge delle evidenti differenze e incompatibilità caratteriali, ma, sull’onda del trasporto, si pensa di riuscire a superare ogni difficoltà. D’altra parte si sa, l’amore è pur sempre una follia. Salvo poi accorgersi di aver sprecato solo del tempo. Ora però, volendo dar un po’ di credito alla scienza, c’è un sistema infallibile per valutare se siamo effettivamente di fronte all’anima gemella oppure no. Gian C. Gonzaga, ricercatore del sito di incontri statunitense eHarmony, ha presentato la sua teoria sulla coppia perfetta nientemeno che al congresso della Society for Personality and Social Psychology, tenutosi a New Orleans qualche giorno fa. E che dice questo esimio scienziato di cotanto speciale? A dargli retta basterebbero duecento domande e un semplice algoritmo matematico per individuare, senza ombra di dubbio, la coppia perfetta. Il ricercatore sostiene che più di mezzo milione di matrimoni, dal 2005 ad oggi, si sarebbero conclusi felicemente grazie a queste duecento domande, un questionario dettagliato basato sugli aspetti caratteriali della persona, dalla litigiosità all’estroversione, dalla spiritualità all’ottimismo. Più simile è il punteggio, ha spiegato l’esperto, tanto più le probabilità che il matrimonio sia felice sono alte. Che meraviglia: un tizio che non voglia andare incontro a travagli e sconfitte sentimentali da ora in poi potrà recarsi presso un’agenzia matrimoniale associata al sito eHarmony, e sottoporsi al test di Gonzaga. Poi gli analisti metteranno tutti i dati in un cervellone elettronico e, in men che non si dica, un bell’algoritmo estrapolerà la partner più indicata. Fantastico. Dopo di che, se proprio siamo dei pignoli insopportabili e vogliamo avere la certezza matematica del risultato, possiamo affidarci allo studio della Brown University, secondo il quale, analizzando l’attività cerebrale di un individuo, mentre osserva la foto del proprio partner, si può dedurre se la coppia è solida o destinata a sfaldarsi entro tre anni. Il tutto in un ambiente asettico, pulito, senza emozioni né implicazioni sentimentali. Che si può desiderare di più dalla vita.
Già, ma a questo punto mi sorge spontanea una domanda: è vita poi questa? Se anche l’amore, che è l’avventura più alta che ci è toccato di vivere in questo fottuto mondo, diventa raziocinio scientifico, se ci priviamo del piacere dell’imponderabile, del caso, se ci chiudiamo la via della sorpresa, della meraviglia, e dunque anche dell’imprevisto, sia anche al massimo della sofferenza, siamo sicuri di essere più vicini alla conquistare della felicità? Non ne sono così convinto. Si dice che la conoscenza renda liberi. Io aggiungerei una piccola postilla: lo stupore ci rende vivi. Lasciatecelo.

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