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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

giovedì 31 gennaio 2013

La triste sorte del “casalingo”

Nel corso della millenaria storia dell’umanità il ruolo delle donne e quello degli uomini è sempre stato molto ben definito e delineato: le prime si occupavano della prole e della conduzione della casa; i secondi di caccia e raccolta (prima), di agricoltura (dopo), di guerra, e lavoro retribuito in genere. L’equilibrio era dato da questo rapporto: l’uomo procurava il necessario per la sussistenza e la donna lo metteva a frutto perpetuando la specie.
Ciò non toglie che poi, date le difficilissime condizioni di vita, anche le donne non contribuissero a dare una mano nei campi, o anche con lavoretti di piccolo artigianato, perlopiù domestici. È solo con l’avvento della Rivoluzione Industriale che le donne iniziano ad abbandonare la dimora familiare e ad entrare nelle fabbriche, spesso andando a svolgere lavori faticosi, di basso profilo e con salari sensibilmente inferiori a quelli dei loro colleghi maschi. Da quel momento la società, rimasta immobile e cristallizzata da sempre nelle sue regole ancestrali, si evolve, muta geneticamente, ristruttura la propria identità, cominciando a ritagliare spazi sempre più importanti per le donne. L’epoca moderna in seguito, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, accelera ulteriormente il cambiamento del ruolo svolto dalle donne nella società, soprattutto grazie alle possibilità offerte dall’accesso al lavoro e allo studio. Tanto che, arrivando ai nostri giorni, non solo le donne hanno ormai pressoché raggiunto pari possibilità di accesso al mondo del lavoro rispetto agli uomini, ma hanno visto schiudersi le porte di professioni e mestieri considerati da sempre tipicamente maschili: poliziotto, macchinista di treni, pilota d’aereo, medico, soldato. Recentemente il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Leon Panetta, ha rimosso addirittura il divieto per le donne soldato di combattere in prima linea, cancellando d’un colpo l’ultimo grande tabù, quello che riservava all’uomo il compito di uccidere e morire in guerra.
Tutto ciò naturalmente ha comportato un mutamento radicale negli equilibri sociali e familiari: i ruoli uomo-donna un tempo ben demarcati si sono affievoliti, hanno perso di significato, si sono andati quasi a sovrapporre e identificare l’uno con l’altro. La donna occidentale oggi ha una dignità diversa rispetto al passato, ha conquistato diritti e parità nella vita sociale, nel mondo del lavoro, nella conduzione domestica, nella propria autodeterminazione. E da tutto ciò, anche il ruolo maschile ne è uscito profondamente sconvolto. Un tempo compito dell'uomo era “portare i soldi a casa”, assolvere i doveri coniugali e poco più. A tutto il resto pensava la donna. Oggi invece c’è la parità, anche e soprattutto nei lavori di casa: la cosiddetta “divisione equa delle mansioni casalinghe”. Lavare i piatti, cucinare, stirare, cambiare il pannolino al pupo, rammendare, passare lo straccio sul pavimento, tutte attività che le coppie, se desiderano condurre una vita serena e armoniosa, devono assolutamente condividere alla virgola. Anche senza quell’eccessivo entusiasmo, si capisce. Soprattutto da parte dell’uomo.
Un tempo conoscevo un tizio di nome Mario che aveva per moglie una specie di virago, un donnone con una forza fisica erculea e un carattere di ferro. Costui era letteralmente succube della consorte, non poteva quasi mai andare all’osteria a bere con gli amici e non passava giorno che questa gli imponesse qualche umiliante lavoro di casa. Umiliante perché egli era pur sempre un uomo del profondo Sud d’Italia, ancora intriso di vecchi pregiudizi ottocenteschi sul ruolo del maschio capo famiglia. Ma pur soffrendo enormemente, non si tirava mai indietro. Certo non si può dire che fosse un virtuoso dello strofinaccio, ma nel suo piccolo si dava un gran da fare. Anche perché, in caso contrario, avrebbe rischiato il cosiddetto “paliatone” (bastonatura: ndr).
Tra tutti quei “mestieri” odiosi tuttavia, ce n’era uno che proprio non mandava giù: togliere la polvere. Lo trovava tedioso, irritante e soprattutto inutile: “A cosa diavolo serve tutta sta fatica – ragionava tra sé e sé senza farsi udire dalla moglie – se domani di polvere ce ne sarà ancora e forse di più?”. Che poi, diciamocelo, è un po’ quello che pensano tutti gli uomini del pianeta riguardo a questa faccenda. Ma oltre a tutto ciò, egli era persuaso – perché quella era la comune convinzione popolare – che tutti quei lavori domestici, alla lunga, avrebbero nuociuto alla sua virilità. Soprattutto togliere la polvere. La polvere, si diceva allegoricamente, smossa dalla sua sede naturale, si sarebbe andata a depositare sulle orecchie dello spolveratore! C’era da prendere paura al solo pensiero. E così, disperato, Mario cominciò a cercare una via d’uscita. Provò dapprima a discutere con la moglie, a cercare un compromesso. Da abile stratega qual'egli era all’inizio puntò molto in alto, cioè a tutta la posta: «Non farò mai più nulla di nulla in questa dannata casa…, sono io che porto i soldi a casa, io porto i pantaloni…, è chiaro…?». Di fronte alla figura agguerrita della moglie però, per giunta armata di mattarello – quello che usava per fare le orecchiette – , scese subito a più miti consigli. Cercò, come ultima chance, di alleggerirsi almeno dell’incombenza più pericolosa, vale a dire quella di togliere la polvere. Ma neanche qui ottenne grossi risultati. Ed anzi, tra le urla, la moglie gli intimò di prestare molta attenzione alle gioie e ai ninnoli di famiglia. Fu come un’illuminazione. Il giorno successivo Mario, prese con molta calma lo straccio, si avvicinò al comodino della camera da letto e, strizzando occhi e labbra in una smorfia di profondo rancore, fece cadere in terra il più prezioso tra tutti gli affetti a cui era legata la moglie. Come conseguenza immediata di tale “disattenzione” ci fu l’esenzione in perpetuum da tale incombenza.
Ora un recente studio condotto dal US National Survey of Families and Households sostiene che gli “uomini casalinghi”, vale a dire coloro che svolgono anche faccende domestiche tipicamente femminili, farebbero meno sesso rispetto agli uomini che vi si sottraggono. In altre parole dedicare tempo ed energie ai mestieri tradizionalmente considerati femminili tenderebbe a spegnere il desiderio sessuale maschile. Nel dettaglio pare che i “casalinghi” farebbero sesso in media cinque volte al mese, tutti gli altri circa due volte in più. «Le identità di genere di mariti e mogli – sostiene la dottoressa Julie Brines, professore associato di sociologia all’Università di Washington e curatrice dello studio – si esprimono attraverso i lavori che eseguono, e aiutano anche nello strutturare il comportamento sessuale. Il matrimonio non è oggi quello che era trenta o quarant’anni fa, ma ci sono alcune cose che rimangono importanti. Sesso e lavori di casa sono ancora aspetti fondamentali della condivisione di una vita, ed entrambi sono legati alla soddisfazione coniugale e a come coniugi esprimono la loro identità di genere».
Estremizzando si potrebbe dire che se ad un uomo imponi un lavoro che egli reputa – a torto o a ragione – tipicamente femminile, egli si femminilizza. O comunque attenua i suoi appetiti sessuali.
E non finisce mica qui: un’altra ricerca, questa volta norvegese, sostiene che quanto più un uomo s’impegnerà nei lavori casalinghi, tanto più sarà a rischio divorzio (Equality in the Home, Thomas Hansen, settembre 2012). Fino al 50% in più.
Bel risultato, complimenti: un altro fantasmagorico progresso della specie umana.
E quindi che si fa? Torniamo come ai tempi dei Crociati, con annessa cintura di castità, o ci rassegniamo all’appiattimento dei sessi, al modello unico e a tutto ciò che ne consegue? Forse bisognerebbe partire dallo sgombrare il campo da tutta la retorica falsamente femminista che ci portiamo dietro da ormai troppi anni e smetterla, una volta per tutte, di ragionare sull’uguaglianza, la parità, l’identità tra uomo e donna. Come dice Massimo Fini “l’uguaglianza antropologica porterà, come già sta avvenendo, anche a un’uguaglianza psicologica, mentre è proprio la diversità della sensibilità maschile e femminile, oltre, e forse più, di quella fisica, l’eterno motivo di attrazione, e di tensione, fra i sessi. La diversità non è solo, come dice la saggezza popolare, il sale della vita, ciò che la rende interessante, ma è la vita stessa”.
E il buon Mario tutto questo lo sapeva…!

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