Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 14 gennaio 2013

La conoscenza rende liberi

Venerdì scorso, presso gli uffici elettorali del Viminale, sono state presentate le liste che concorreranno alle prossime consultazioni politiche e regionali di febbraio. Si è trattato, a detta di molti, di una delle bagarre più raccapricciante degli ultimi cinquant’anni. Evidentemente la posta in palio questa volta è più alta rispetto al passato.

In una sorta di girone dantesco di dannati, i rappresentanti delle singole liste si sono assiepati, fin dalla sera prima, nella piazza per accaparrarsi un posto in fila, in attesa che la mattina dopo aprissero gli uffici preposti alla registrazione. Alla fine della giornata si sono contate oltre duecento liste: un record imbattuto ed imbattibile (forse…) nei secoli a venire. Si va dalla lista “Liberi da Equitalia” a “Forza Evasori”, da “No chiusura degli ospedali” a “Movimento Poeti d’Azione”, da “Io non voto” (e allora che cavolo ti presenti a fare…, verrebbe da dire) a “Forza Roma” e “Partito Natura e Amore” (quello di Ilona Staller, in arte Cicciolina).
Ecco, dopo un iniziale sorriso d’amarezza per come la politica è caduta tragicamente in basso, viene da obiettare che alcune sigle, non solo non andrebbero ammesse (e speriamo che il Viminale lavori in questo senso) perché sfacciatamente populiste, demagogiche oltreché oltraggiose verso l’intelligenza e la pubblica decenza, ma di più, andrebbero perseguite penalmente in quanto potenziali portatrici di istigazione al reato. E sì, perché incitare all’evasione fiscale, per esempio, in un paese dove tale fenomeno ha raggiunto già dei livelli insostenibili, non solo è irresponsabile, ma come detto, anche criminogeno. Vedremo come andrà a finire. Ed oltre a tutta questa congerie di liste, coalizioni, cartelli elettorali, rassemblement (come si usa dire ora) dei moderati, alleanza dei progressisti e federazione dei conservatori, sono saltate fuori anche le ormai consuete liste civetta, vale a dire quelle che si presentano con simboli e slogan in tutto identici ad altre liste già conosciute, salvo omettere un piccolo dettaglio. Il tutto per ingannare il povero, ignaro elettore. Quanta tristezza.
Come se ne esce da tutto ciò? Bella domanda. La prima risposta, quella più ovvia e banale, non può che essere una: arrivare preparati e informati all’appuntamento elettorale. Ecco l’elisir per non essere ancora una volta turlupinati dai soliti noti, per evitare di cascare nuovamente nella rete di coloro che, per esempio, promettono di abbassare le tasse (o addirittura di abolirle), che assicurano nuovi milioni di posti di lavoro, che si impegnano nel mettere mano agli annosi problemi della sanità, della giustizia, del credito alle imprese e ai privati. Tutte promesse già ampiamente riscontrate nelle precedenti tornate elettorali e mai portate a compimento. Troisi nel film Il Postino di Neruda rivolto ad un politicante dice: «Qua lo sapevano tutti che i lavori (per portare l’acqua sull’isola: ndr) si sarebbero fermati non appena voi foste stato eletto». Ecco, in Italia è pressappoco questo il sentimento che alberga nel cuore degli elettori. E a questo stato di disincanto e scarsa fiducia nei nostri governanti, si associa anche un’altra piaga terribile e se possibile ancor più sconfortante: nel nostro paese la popolazione studia mediamente fino ai venticinque anni, ma, grazie a Dio, campa fin oltre gli ottanta. La fase educativa, in altre parole, termina generalmente con il primo stadio della vita. Per il resto ci si aggiorna in maniera autodidatta, attraverso letture, incontri, esperienze. Le statistiche tuttavia ci consegnano dati assai deprimenti su questo fronte: un italiano su due non legge un solo libro all’anno; i quotidiani hanno tirature infime rispetto alla media europea e gli articoli più letti (oltre ai necrologi, le previsioni del tempo e gli oroscopi) pare che siano quelli di cronaca nera, sport e spettacolo; l’opinione pubblica viene quasi completamente elaborata e strutturata sulla televisione, l’unico mass media che consente di apprendere senza grossa fatica, stando comodamente spaparanzati in poltrona. Già, apprendere: ma apprendere cosa? Una televisione che ha come unico faro la rincorsa all’audience, soprattutto nelle fasce orarie in cui si concentrano la maggior parte degli spettatori, potrà mai avere tra le sue priorità la cultura, la divulgazione, l’educazione, l’emancipazione dei cittadini? Domanda retorica: basta dare un’occhiata a quanti programmi di cucina, a quanti quiz a premi, quante fiction e reality show imperversano sulle nostre televisioni per avere un’idea. Cosa ne verrà mai fuori da tutto questo ciarpame, propinato a tutte le ore del giorno e della notte?
Soluzione? Io un’idea ce l’avrei: il voto è l’esercizio civico più alto cui è chiamato il cittadino, il diritto-dovere più sacro in una democrazia, il conferimento, attraverso il convincimento personale, di un mandato a rappresentare il popolo. Oggi più che mai, occorre che i cittadini arrivino preparati a tale appuntamento. In fin dei conti quando si dà un esame, quando ci si presenta per un colloquio di lavoro o un concorso, si studia, ci si informa. Non sono ammessi sprovveduti. Ecco, in carenza di preparazione accertata, e dato che ormai siamo arrivati al punto di non ritorno, la mia proposta è che sia negata drasticamente la possibilità di esprimere il proprio voto alle elezioni. Come? Semplicissimo: al seggio elettorale, prima di ricevere la scheda, ci si sottopone ad un piccolo test scritto, a domande con risposte multiple, vertente sulle nozioni basilari di diritto pubblico. Niente di trascendentale, tipo chi è il Presidente della Repubblica e quali compiti gli assegna la Costituzione; chi nomina il Presidente del Consiglio (così per esempio sgombreremmo il campo da tutti gli equivoci derivanti dalle liste che riportano scritto in grassetto il futuro presidente), quando vengono sciolte le Camere e perché. E via discorrendo. Il minimo indispensabile per arrivare consapevoli al voto. E a chi non supera l’esame, niente scheda elettorale. Mi si obietterà che tutti hanno diritto di esprimersi e che per arrivare a questo punto, abbiamo dovuto batterci contro l’idea di censo, contro la discriminazione ecc, ecc…! Tutto verissimo, ma a cosa c’ha portato tutto ciò? Quale degenerazione del sistema possiamo ammirare sotto i nostri occhi? Una classe politica e dirigente che rispecchia quasi fedelmente questo triste ritardo culturale. Ritardo che poi si ripercuote a catena sul tessuto della Nazione, penalizzando educazione, innovazione, ricerca, meritocrazia, a tutto vantaggio della corruzione, dell’elefantiasi burocratica, della zavorra clientelare. Non abbiamo più scelta, occorre ragionare sul “male minore”.
Non sarà certo questa la panacea di tutti i mali, su questo siamo d’accordo, ma per lo meno potremo sentirci un po’ più corazzati di fronte a menzogne e raggiri, le monete di scambio oggi più comuni sulle nostre piazze.
Responsabilità vuol dire anche essere in grado di discernere. “La conoscenza rende liberi, l’ignoranza rende schiavi”. Parola di Socrate.

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