Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 21 gennaio 2013

Eau de Ascel n.5

“Lunedì mattina. Metropolitana di Milano nell’ora di punta. Ora e luogo perfetti per della filosofia”. Un’amica di liceo apre così la sua settimana. In effetti, non c’è luogo al mondo che concili meglio un po’ di sana riflessione: non tanto sulla filosofia, ovviamente, ma sulla triste condizione cui sono immersi i “produttivi” della nostra epoca.

Facce da deportati, occhiaie paurose, sguardo perso nel vuoto, colorito cinereo. Come automi ci si immerge nelle viscere della terra e comincia la battaglia finale per la sopravvivenza.
“Non c’è legge oltre Dodge City, non c’è Dio oltre il fiume Pecos” diceva il vecchio ubriacone del west nel film Chisum. Ed in effetti il paragone calza a pennello: una sorta di giungla in cui regna la legge del più forte, in cui ogni norma civile e morale è calpestata e dove i più deboli vengono pietosamente soppressi. E neanche tanto in senso figurato: è cronaca degli ultimi tempi la simpatica moda di spingere i passeggeri sui binari durante l’arrivo dei convogli. Tant’è vero che, assicurano da Atm, la Linea Cinque di prossima apertura verrà attrezzata con delle transenne mobili lungo tutte le banchine, appositamente studiate contro tali “incidenti”. Sì, altro che incidenti…! A questo punto i simpatici burloni, privati del piacevole hobby, potranno sempre optare per l’affabile spinta sulle scale mobili, oppure per il cortese sgambetto davanti al tornello. Non è la stessa cosa, s’intende, ma d’altra parte occorre pur accontentarsi nella vita.
Che poi siamo onesti, non si tratta solo della metropolitana. Sui mezzi pubblici di superficie la battaglia, se possibile, è ancora più cruenta. Prendere un autobus di linea, soprattutto quelli della circonvallazione milanese, è un’esperienza al limite del fantascientifico. Borseggi, atti di libidine violenta, maleducazione imperante, bestemmie, gomme da masticare attaccate ovunque. E poi i suonatori di tamburo e altri strumenti musicali, verso i quali sei invogliato a mettere mano al portafogli non tanto perché siano bravi o perché mosso a compassione, quanto perché la smettano il prima possibile di fracassarti i timpani.
E siamo ancora in inverno…! Quando arriverà la stagione calda, con temperature spesso da forno crematorio, per i disperati “produttivi” – e non solo – , comincerà una delle piaghe più raccapriccianti dell’era moderna: i terrificanti miasmi da passeggero. E si perché, al di là degli aliti micidiali di cui sono muniti quasi tutti i viaggiatori del primo mattino – tali che neanche i più potenti chewingum alla menta piperita forte riescono un bel niente – , e le insufflazioni selvagge che quasi più nessuno ritiene pubblicamente sconvenienti e indecorose, con l’avanzare dell’estate si crea il giusto mix per arrivare alla combinazione chimica più devastante che ci sia in natura. Ho visto persone di una certa età piangere in silenzio di fronte all’ascella alzata di un fetido sanculotto; altri accasciarsi esanimi al cospetto di individui saliti al volo sul predellino del bus, e sprizzanti sudore e alitate violente in faccia al vicino di posto. Di fronte a tali drammatici flagelli, Paolo Villaggio suggerisce una soluzione: “Se ce la fate, prendete un taxi, almeno il tassista è di spalle” (Sono incazzato come una belva, Mondadori).
Ottimo consiglio. Si potrebbe obiettare tuttavia che non tutti hanno la possibilità di usare questo mezzo, che comunque, resta pur sempre una soluzione per portafogli a prova di crisi. E così, non ci restano che due soluzioni: o ci muniamo di maschera antigas – meglio se modello S.B.R. 1915, di fabbricazione austriaca – oppure ci alziamo con un buon anticipo (intorno alle quattro del mattino) e ci rechiamo a lavoro a piedi. Che oltretutto fa anche bene alla salute.
Ora tuttavia un’illuminante ricerca dell’Università di Bristol, pubblicata sul Journal of Investigative Dermatology, sostiene che il 78 per cento delle persone non ha bisogno di usare il deodorante, anche se poi lo fa lo stesso. Questo perché molti individui sono dotati di una particolare variante genetica che non fa produrre sudore ascellare dall’odore sgradevole. “Riteniamo che queste persone semplicemente continuino a seguire inconsapevolmente una norma socio-culturale non necessaria dato che la variante genetiche permette loro di non emanare cattivi odori sudando”, ha spiegato Santiago Rodriguez, autore della ricerca.
A questo punto, suggeriscono i ricercatori inglesi, basterebbe un piccolo test genetico per evitare di far ricorso a prodotti chimici e industriali. In alternativa, aggiungo io, potremmo provare a non deodorarci per una quindicina di giorni e vedere l’effetto che fa: se anche il nostro miglior amico comincia a parlarci dalla distanza minima di sette metri e trenta, probabilmente siamo privi della variante genetica.
Ad ogni modo è da tanto che sentiamo parlare di ferormoni, di odori naturali, di ritorno all’antico. L’abbandono dello stato di natura ha fatto sì che dimenticassimo quasi completamente tutto il linguaggio olfattivo, che pure ha enorme importanza nel mondo animale. Laura Beani, etologa dell’Università di Firenze, in un’intervista a Il Messaggero sostiene in sostanza che la biologia influenza la nostra attività sessuale amorosa-riproduttiva: «Ci mettiamo quindici secondi per individuare le caratteristiche per noi fondamentali […] è una questione di simmetria. La simmetria, in un viso o in un corpo, è indicatore di uno sviluppo non perturbato, alta qualità genetica, perfetta per la riproduzione. Ma sono anche altri i fattori decisivi. L’odore. Noi scherzando lo chiamiamo Ascel n.5 che sta per Chanel n.5. Gli ormoni di un maschio eccitato arrivano a vaporizzarsi e si depositano proprio sotto le ascelle […]».
Da ciò ne deriva chiaramente che cospargersi di prodotti copri-odori potrebbe alterare l’interazione chimica, fuorviare le reali intenzioni di un individuo, stroncare sul nascere magari una meravigliosa storia d’amore. La qual cosa sarebbe ovviamente una grande tragedia per l’umanità.
Ad ogni modo, visto e considerato che comunque sia, siamo completamente immersi nel nostro tempo e nel nostro brodo culturale, rinunciare al deodorante potrebbe essere un grosso rischio.
Ricordo che un periodo venne da noi in prova un collega giovane, simpatico e brillante. Il capo lo presentò una mattina nella sala riunioni, al cospetto di tutti. Fece subito una bella impressione. Quella mattina tuttavia si avvertiva uno strano odore per l’ufficio, arrivava con ondate violente ad intervalli regolari. Sapeva vagamente di balena putrefatta in avanzato stato di decomposizione. Tutti pensarono ad un problema contingente dell’impianto fognario, e dunque non vi fecero granché caso. Il giorno seguente, al nuovo collega venne assegnata una scrivania, un computer e tutto quanto serviva per lavorare. Il tutto all’interno di una stanzetta con un altro tizio. Verso metà mattinata mi recai da lui per ragguagliarlo su di un progetto, ma venni colpito all’istante da quell’odore maledetto. Oltretutto faceva un freddo micidiale – eravamo in pieno inverno – dal momento che la finestra era completamente spalancata. Andai subito a chiuderla: «Ma come vi salta in mente di tenere tutto aperto? Fuori siamo sottozero…». E proprio mentre finivo la frase incrociai gli occhi del collega anziano: aveva una molletta al naso e mi fissava con uno sguardo d’odio…!
La triste vicenda si concluse purtroppo con la mancata conferma del ragazzo. Non so se sull’esito negativo del periodo di prova abbia influito quel suo piccolo difetto. Di certo nessuno ebbe il coraggio di dirgli nulla. D’altra parte si sa, in questi casi, si parla – o meglio si sparla – sempre alle spalle dell’interessato. E con quanta rabbia poi…! E invece basterebbe che qualcuno si prendesse la responsabilità di parlare chiaro, di essere sincero: «Senti bello, qui abbiamo un problema…! Hai mai pensato di usare un deodorante?». Così facendo magari scopriremmo che il poveraccio ha appena ritirato l’esito positivo del test genetico, e che dunque si ritiene aulente come una violetta di campo. D’altra parte si sa, la scienza progredisce pur sempre per prova ed errori.
Ed invece niente: o si tollera l’intollerabile, o si fa in maniera tale di liberarsi al più presto e nella maniera più indolore possibile della “puzzola” di turno. Arrecando oltretutto ai suoi danni un doppio male: la perdita di un vantaggio attuale, e la compromissione di uno futuro.
E dunque che dire? Anche al costo di essere tacciati di banalità, ci sentiamo di concludere con un unico consiglio alla Mario Catalano, il tizio di Quelli della Notte: “La sincerità conveniente sempre”.
Garbo e prudenza, però. Mi raccomando.

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