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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 14 novembre 2012

L’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù (François de La Rochefoucauld)

Hanno suscitato grande clamore le dimissioni del Generale David H. Petraeus da direttore della Cia. Ne hanno parlato giornali, radio, telegiornali, siti web, blog. Tutto il mondo dei media da giorni inonda le case dei cittadini italiani con le vicende sentimentali che hanno travolto la vita di uno dei militari più decorati d’America. Dimissioni, come ha dichiarato lo stesso Petraeus in una tragicomica conferenza stampa, rese necessarie dal fatto che, in un momento di debolezza, egli ha tradito la moglie.
E tale tradimento quindi, con tutto ciò che ne comporta a livello etico e morale, gli impedisce di restare un solo istante di più su quella poltrona. In realtà poi, volendo dar retta agli informatissimi giornalisti gossippari - che in queste faccende ci sguazzano più che un branco di suini nella fanga - pare che il momento di debolezza sia stato più di uno. E che la donna del tradimento non sia stata solo la giornalista Paula Dean Broadwell. Ora, al di là del fatto che, come italiani una notizia di questo genere ci muove ad un sorriso quasi di tenerezza - considerato il liquame nel quale si rotolano i nostri politicanti - , si rendono necessarie alcune considerazioni. Petraeus si dimette in primo luogo perché un direttore della Cia non può essere un personaggio chiacchierato. Il puritanesimo ipocrita e sessuofobico americano rende non solo necessarie le dimissioni immediate in casi come questo, ma pretende anche che il soggetto interessato versi un tributo pubblico di espiazione e mortificazione, un’autoflagellazione che si concreta in una gogna mediatica che funga da catarsi collettiva, un rito tribale che consente la riparazione al vulnus creato nell’Universo etico delle stelle fisse. Già il Presidente Clinton dovette sottoporsi a questa pratica pubblica quando fu travolto dallo scandalo Lewinsky, e solo grazie all’attivismo della moglie - con tanto di perdono lacrimoso in diretta - evitò di perdere la Casa Bianca e l’impeachment. Ma la storia americana, e non solo, è piena di esempi similari. In paesi di matrice protestante, ci si dimette per faccende che ai nostri occhi davvero risultano risibili, e non tanto perché siano risibili in se stesse, quanto perché appunto, siamo ormai abituati ad ogni genere di nefandezza. Il Presidente ungherese Pal Schmitt ad esempio si dimette perché si scopre che una parte della sua tesi di dottorato è stata copiata; in Inghilterra ci si dimette da importantissime cariche di Stato per non aver versato pochi euro di contributi alla colf; in Germania il solo sospetto di non essere un politico cristallino fa si che si venga allontanati dal partito di appartenenza. Bazzecole ai nostri occhi. L’affaire Petraeus da noi sarebbe derubricato a bagatella risibile, ed il politico di turno ne verrebbe fuori con un sorriso sornione e l’espressione da trivio: “E che volete…, a me piace la gnocca”. E tutti giù a ridere. In America la faccenda cambia. Cambia anche ipocritamente, come abbiamo già detto. Il effetti, se non fosse scoppiato lo scandalo e i giornali non se ne fossero interessati, che ne sarebbe stato del nostro Generale? Avrebbe fatto mea culpa, lacerato dal rimorso, o al contrario si sarebbe accompagnato ancora segretamente alla bella Paula? E poi siamo sicuri che le dimissioni siano spontanee e frutto del senso dell’onore, o non piuttosto un obbligo dettato dal fatto che il capo della Cia non possa e non debba essere ricattabile? Domande irrilevanti, visto e considerato che comunque, per una ragione o per l’altra l’America riesce in ciò che per noi è impossibile: fare a meno delle persone “indispensabili”. Ad ogni modo in Italia l’opinione pubblica è stata colpita da questa liaison, non solo perché i media ce l’hanno propinata in tutte le salse, ma anche perché - occorre ammetterlo - gli argomenti pruriginosi hanno pur sempre il loro fascino. Non si capirebbe altrimenti il successo delle riviste di gossip spinto. Tutti concordi nel sollevare il dito indice accusatore contro il “marmittone” fedifrafo: orrore, scandalo, infamia, oscenità. Tutti d’accordo con le dimissioni: “E no, non si fa…, non è lecito”. Poi all’improvviso, nelle immagini trasmesse dai telegiornali, è cominciata a spuntare la figura di una donna non particolarmente avvenente alle spalle del Generale. Una donna con i capelli grigio topo, l’aspetto dimesso, la simpatia prorompente della bibliotecaria polverosa e inacidita. E tutti a chiedersi chi mai sarà costei, chi sarà quella donna che accompagna Petraeus in tutti i luoghi pubblici. Qualcuno a quel punto, nelle more d’informazione, ha ipotizzato che si trattasse di una segretaria, di un esponente dello staff. Fino a che non è saltato fuori che trattasi della moglie. Al che quasi tutti gli uomini, da stare seduti comodamente sui propri divani, hanno fatto un salto evidentissimo: “La moglie…? Oddio mio…, ma allora…”. E così, duole ammetterlo, ma nella mente prima, e nelle mezze frasi dopo, piano piano qualcuno ha cominciato prudentemente ad ammettere: “Certo però…, tra quella moglie e quella sventola della giornalista…, onestamente…!”. Confessioni fatte ovviamente da uomo a uomo, e in totale assenza di mogli, fidanzate, sorelle e soprattutto femministe d’assalto. E già, spiace confessarlo, ma di fronte a quell’ingeneroso raffronto, di fronte al paragone tra l’immagine di una donna bella, giovane e dallo sguardo ammaliante, e quello di una donna anziana, brutta da vedersi e trascurata, il pensiero che si fa largo, senza trovare uno sbarramento che sia uno, è inevitabilmente questo: “Ma sì…, ha fatto bene porca miseriaccia ladra…”. E appena confessi a te stesso questo pensiero, ti senti subito un poco di buono e cominci a sentirti nelle orecchie: “Ma come, quella è la moglie…! E se non gli piaceva che se l’è sposata a fare? Perché lui, è forse un adone?”. Domande e riflessioni che si leggono più o meno su quasi tutti i blog che trattano della faccenda. E così ero sul punto di contristarmi definitivamente di questo mio pensiero malsano, quando per caso alla radio ho sentito un’intervista a Massimo Fini, giornalista e scrittore tra i miei preferiti. E cosa diceva Fini alla trasmissione La Zanzara? «Poveraccia, la moglie di Petraeus, è una cessa come tante altre. Lo dico da un punto di vista oggettivo. Il Generale ha fatto quello che chiunque al posto suo avrebbe fatto. E poi andava cacciato per i casini che ha combinato in Iraq, non per aver tradito una donna brutta. È la solita sessuofobia americana». Ecco… onesto, scomodo, irriverente e cristallino come al solito. Grazie vecchio mio, ora mi sento decisamente meno in colpa.

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