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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

giovedì 4 ottobre 2012

San Francesco, auguri.

Oggi il calendario festeggia San Francesco d'Assisi. Il blog intende rendere omaggio a questo grande personaggio della nostra storia con un brano tratto dal racconto "Due strani pellegrini", contenuto nel libro Sulle orme di Francesco. Si tratta della descrizione dell'arrivo ad Assisi dopo una settimana di cammino.
«Discesi la collina degli ulivi fino a che non mi trovai su una strada asfaltata; nei pressi di una rotonda vi era un’imponente statua bronzea di Padre Pio, attorniata da piante e fiori. Attraversai il Ponte dei Galli e risalii per circa un chilometro. L’ingresso da Porta San Giacomo mi introdusse alla città. Da uno stretto vicoletto si vedeva a breve distanza la spianata sulla quale sorgeva la Basilica Superiore. Rallentai il passo: il viaggio stava per finire e non sapevo ancora se ne fossi felice o meno. Giunsi ai piedi della Basilica che erano appena passate le nove. Deposi lo zaino e chiamai Davide: saremmo andati da San Francesco insieme. Davide mi raggiunse dopo pochi minuti. Fui lieto di ritrovarlo: il suo sacrificio aveva permesso a me di realizzare quel sogno. Entrammo nella Basilica Superiore e con lo sguardo gonfio di meraviglia ammirammo gli affreschi di Giotto e Cimabue. Scendemmo poi alla Basilica Inferiore. Un frate imponente stava arringando in tedesco una comitiva. Pensai che la tomba si Francesco fosse lì, da qualche parte. La cercai freneticamente fino a che non lessi un cartello che indirizzava verso la cripta. Scesi le scalette impacciato dallo zaino, il cuore picchiava forte. Una cancellata aperta immetteva nella cripta, illuminata da fievoli candele. Davanti a noi un altare con sei lumini ed un tabernacolo; alle sue spalle, da una finestra aperta nella roccia, il pilastro in cui erano conservati i resti di San Francesco. Eravamo arrivati. Mi sedetti su di una panca e per alcuni minuti contemplai quel luogo avvolto da ombre, silenzio e profumi d’incenso: si respirava un fortissimo senso del sacro. Provai sensazioni d’alta quota, come se intorno a me si aprissero vuoti di vertigini dei quali non s’intuivano i confini. Pensieri e ricordi tumultuosi, provenienti da tempi e luoghi lontani affioravano alla mente, senza un ordine, senza logica […].
Davide si sedette accanto a me, facendomi riemergere da quelle profondità. Asciugai discretamente le lacrime che avevano rigato il mio volto: non volevo che se n’accorgesse. Ancora una volta la figura di Francesco emergeva a tutto tondo dalla leggenda, sconvolgendo il trascorrere ordinato delle cose della vita. In quella roccia si trovavano realmente le spoglie mortali di quell’uomo straordinario che aveva cambiato la storia dell’umanità. Mi alzai ed avvicinandomi all’altare mi accorsi che a far corona al pilastro vi erano ai lati della cripta quattro nicchie protette da inferriate: su ognuna di esse vi erano delle targhe con i nomi dei frati più vicini a San Francesco: Ruffino, Leone, Angelo, Masseo. La memoria corse ai Fioretti, letti non molto tempo prima in preparazione del viaggio. Passai davanti ad ognuna delle inferriate: mi fermai davanti a quella di Ruffino, il più tenero e candido dei fratelli di Francesco, e poi ancora davanti a quella di Leone, “pecorella di Dio”. I ricordi delle loro gesta, della loro semplicità, delle loro opere riecheggiavano nella mia testa. Non riuscii a trattenere la commozione. Le parole scritte sulle pagine di quel libro erano davanti a me, Francesco e la sua famiglia riposavano insieme, come insieme avevano trascorso la loro esistenza terrena, lasciando un messaggio portentoso per l’eternità».

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